L' Esposizione di Torino: Giornale ufficiale illustrato dell'esposizione internazionale delle industrie e del lavoro 1911

I+'ESPOSIZIONE DI TORINO Citcl.6 « Augustan. 11 palazzo dove nacqtie e mori CavotSr. 1o chiamavano al 1avoro, ed al Re, che stava al suo capezzale, mormorava con aft anno : t( Ho molte cose da dirvi, Sire, molte cose da farvi vedere ; rna son malato, non posso, non posso )J. Poi, crescendo il delirio, parole rotte, confuse, rna ardenti di patria, ancora 91i uscivano' dalle labbra, vicine ad esser suggellate dalla morte I (( 11 suo grande dolore - diciamolo con le parole di Edmondo De Amicis, che di pith alte non ne conosco - non era di sentirsi mancare la vita, era di vedersi sfuggire la patria, che aveva ancora bisogno' di lui, e per la quale aveva logorato in pochi anni le forze smisurate del suo miracoloso organismo. Mori col grido della battaglia iri gola, e la sua morte fu grande, come la sua vita j>. Ea EJ EJ E degni di quella vita e di quella morte furono i funebri onori, che Torino, con cuore trafitto e ad un tempo con orgoglio di madre e di italiana, tributava alla salma gloriosa del suo pith grande fi91iuolo. Dopo il senso di stupore e di dolore all'annunzio di quella morte, che tutti atterriva come una calamita pubblica ; che faceva chiudere Borsa, teatri, e gran parte dei negozi e per le piazze e per le strade faceva gridare ai figli del popolo - per dirlo con una caratteristica frase di Kossuth - Dio non a pith con noi ! - tutta quanta la citta `natale di Camillo Cavour parve rinchiudersi in un raccoglimento solenne, pensosa delle onoranze da rendersi alla salma di quel G±ande. E le solenni onoranze, i funerali di Cavour, si risolsero in una delle pith grandi e commoventi dimostra,zioni che un popolo possa dare alle reliquie di un uomo. Io ho voluto interrogare in questi giomi qualche vecchio torinese, testimone di quell'imponente manifestazione nei giorni della sua giovinezza, 1'eta in cui pill si fissano nell'animo le impressioni ; ed ho compreso dalle sue parole commosse, pid che dalle descrizioni dei giornali dell'epoca, tutta la triste solennita di quei momenti, tutta la grandezza meravigliosa, del tributo che Torino, per se, per il Piemonte, per 1'Italia tutta, rendeva alla memoria di Camillo Cavour. Ogni descrizione, alla, distanza di circa mezzo secolo, non potrebbe dare che un'idea troppo fuggevole, ne avrebbe la virtti di farci assistere al passaggio di quel grandioso e mestissimo corteo funebre, dove era rappresentato tutto quanto era la potenza e la 91oria di un popolo. I,a salma dell'uomo, che aveva fatto superba la Nazione di possederlo, dell'uomo che, ministro di un piccolo Stato, con 1'ingegno, col coraggio, con la costanza, aveva saputo imporre il suo Paese all'Europa, passava muta innanzi a quella popolazione, che era stata tante volte spettatrice estatica dei suoi trionfi, e che in lui riponeva tutta la sua fede, passava in mezzo a' figli di quel popolo a cui aveva dato una patria finalmente libera. Le¥`--I E venivano dietro al feretro, ministri e presidenti delle due Camere, i cavalieri dell'ordine supremo dell'Annunziata, gli aiutanti di campo del Re e dei Reali principi, i grandi dignitari di Stato ; senatori e deputati, consiglieri di Stato, Municipio, Magistratura, Corpo universitario ed una turba infinita di a,1tri funzionari. Venivano associazioni, deputaziolii, istituti, rappresentanti di ogni ordine di cittadini giunti da mille parti ; i volontari garibaldini - un'immensa falange - gli emigrati - un caratteristico gruppo fra cui si notava il Garibaldi den'Ungheria, il pith glorioso esule che contasse Torino, I,uigi Kossuth. Tutti i negozi erano stati chiusi ; 1e signore vestivano a, 1utto, 1e case lungo il percorso erano abbrunate. Da tutte le bandiere - uno stuolo giga,ntesco - scendevano le gramaglie ; e tra quei vessilli, che pochi giomi innanzi avevano salutata esultanti la prima festa dell'unita italia,na, trepidava 1'anima di tutti, in quella lunga e lenta processione del funebre convoglio, che sotto una pioggia dirotta, della quale nessuno pareva accorgersi - come se la mestizia del cielo dovesse essere anch'essa la naturale accompagnatrice della salma gloriosa -dalla ca,sa dell'estinto, percorse la via battezzata col suo nome, entr6 in via Porta Nuova, (ora Roma), pass6 piazza S. Carlo, via Nuova, piazza Castello, rasente il Mini- :::::€;g£±a:|Satf:i'avrfraes:::n:¥nnz€££i;:n:heines:a:;1:axiad:na;[aFdr:gn]: Angioli. Quella chiesa era retta da un Ordine di frati. E tra quei frati era Padre Giacomo. Ancora rna volta sia ricordato e benedetto questo nome ! Padre Giacomo Odenino, che nessun conto facendo delle ire bottegaie, amministrava al morente gli ultimi conforti del cristianesimo, fu il degno ministro di Dio ! Un giorno Cavour gli aveva detto : tt Si ricordi, Padre, che nei miei ultimi momenti far6 chiamare di Lei >>. -tt Signor conte, aveva risposto il buon frate, quelgiomo se sar6 in vita (e non me lo auguro) non le manchera il mio ministero ,,. E mantennero entrambi la promessa. Ma prima di chiamare Padre Giacomo, Cavour aveva raccoma,ndato al fratello Gustavo di restaui-are il castello di Santena, dicendogli : « i la, dove voglio riposare fra i miei cari t). E la, malgrado che Vittorio Emanuele avesse ordinato che si aprissero le regali catacombe di Superga per accogliere i resti nor11 corteo in piazza San Carlo. ( Da wn'inci8iorve deu'epoca). tali del suo primo ministro, scendeva la sera dell'8 giugno la salma dell'insigne statista ; e la riposa, da quarantanove anni, nel sepolcreto dei suoi avi e nella gloria immortale della tomba, colui che fu 1'incarnazione di uno dei pith vasti concetti politici che la storia ricordi, colui che fu la personificazione pith grande dell'unita, italiana ! GIUSEPPE DEABATE. qlf. .` gLafc€:Be:go¥¥s::Zg:d:ac:H::t::: a]tre lingue. - Chiedere l'opusco scrivere lo Spagnuolo e le o, mandato franco, alla Direzione delle The Berhitz Schools of Languages. Vla Rome. 43` Torino. -90-

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