I,'ESPOSIZIONE DI TORINO Torino ne' suoi Monumenti IL PRIMO PERIODO oNo numerose le figure, che nella maesta delle piazze torinesi, od all'ombra degli alberi annosi de' giardini pubblici rievocano, scolpite nel marmo o fuse nel bronzo, la memoria di uomini insigni. La ttGuida di Torinot> lie annovera ben trentaquattro; e ad esse conviene aggiungere le molte, che ornano istituti, accademie, ospedali, a ricordare benefattori e scienziati, uomini di mente e di cuore, cui la educazione intellettua,1e, e quella dell'animo debbono largo tributo di riconoscenza. Se poi teniamo ancora, conto dei busti e dei monumenti allegorici, come quello dell'4/¢eye in piazza Castello, o della jl4G.7¢c2/'ucz, sul piazzale fronteggiante la sezione d'arte moderna del Museo Civico, o del traforo del Fr6jus in piazza Sta,tuto, arriveremo comodamente all'otta,ntina. Non si potra cos`i dire che Torino pecchi di ingratitudine. EI E! EJ Ora, se a naturale che molti fra questi monumenti non dicano gran che per originalita e per valore intimo di bellezza artistica, Fo[. Bi`ogb CIJivfi6 ti Augiista» AMEDEO VI detto il CONTE VERDE Gruppo in bronzo di P. Palagi. a pur vero che non sono molte le citta, le quali potendosi considerare, come la nostra, relativamente moderne, vantino cos`l numerose opere, degne di attenzione, e dove il livello del gusto sia tenuto - mi si passi la frase d'uso comune - cost costantemente elevato. Della severita, confinante qua e la con la freddezza, si; rna non le corse sfrenate verso la ricerca di un'originalita forzata; non gli insignificanti e ad un tempo pretensiosi vaniloquii, di cui pur troppo sono ricche altre citta. Quasi ovunque una composta nobilta di atteggiamenti; un senso della misura e dell'armonia, che conferisce al monumento un ca,rattere di equilibrio e di gravita quasi architettonica; semplicita e chiarezza. Si direbbe che il superbo bronzo, che sulla piazza S. Carlo unisce in un solo canto di vittoria Emanuele Filiberto e Carlo Marochetti, - che modell6 tanto capolavoro - abbia infuso in ogni altro monumento il senso della misura e della nobilta, nel rincorrersi armonico di linee sobrie e grandiose. E pud darsi che cid sia, perche, come esso si innalza sovra ogni altra nostra, opera di scoltura, cosi tutte le precede nel tempo. Se si eccettua, infatti il mediocre monumento del Bogliani, eretto in quel turno (1838) nel cortile dell'Arsenale in memoria di Pietro Micca, noi dobbiamo giungere al 1853 per EvedereL inaugurato un altro lavoro d'arte su una pubblica piazza. E questg. futtilconteverdeJ>; opera fredda, convenzionale, accademica, anche se non priva di qua1ita di modellatura, e mirabile per la riusc`ita 'd'ogni pa,rticolare nella fondita in bronzo, dovuta al Colla. Trascorrono altri tre anni, ed ecco Torino ornarsi di due altre statue, che nella loro modesta mole non mancano di pregi. Alludo al `i-icordo al generale Eusebio Bava, vercellese (17901854), cui vanno indissolubilmente legati i nomi vittoriosi di Goito, di Governolo e qua|_ F°'. `3'`°yj (,'z,t`;.6 tt _i!£gr,,6`ct4„ Che episodio di va- PIETRO PALEOCAPA di Odoardo Tabacchi. lore nell'ora triste di Custoza; ed al monumento, che la riconoscenza del popolo piemontese voile eretto allo storico Cesare Balbo (1789-1853) ttsecondo tra i triumviri dell'intelligenza nella prima fase del nostro risorgimento )), opera dell'Albertoni la prima, del Vela la seconda. Ed a ad un dipresso al 1856 che dobbia,mo far risalire 1'idea, onde ebbe vita tre anni dopo quella fiera statua, che lo stesso Vincenzo Vela modell6; pegno di gratitudine, di affetto solidale, e di fiducia de' Milanesi nell'esercito sardo, mentre stavano per iscoppiare le ostilita con 1'Austria. [E 1'alfiere, che con la spada sguainata, mostrasi ben degno di difendere il vessillo affidatogli, - I 5 4 -i-
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