Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

loro opere un carattere aneddotico, letterarieg-. giante, che nulla ha da vedere con la vera pittura. Pel Mancini, come ho già detto, il sogge tto non ha alcuna impor tanza: egli s i preoccupa poco di dare movimento all e sue figure, e, tanto meno, di cogliere unò di quei momenti fugaci di espress ione che fanno disperare i più ardi ti e valorosi impressionisti. Egli non è un ricercatore di linee eleganti, e nemmeno un sinfonista di colore. Egli mira solamente a fare (PropricUl Otto Messi □gcr . ) luce in armonioso connubio. E tale v1stone s i deve alla sua tecnica tut ta personale a grosso impasto, spesso emulante, per lo spessore, il bassorilievo, fremente nelle miriadi di pennellate nervose. Antonio Mancini, che si è conquistata fama di grande pit tore non solo in Italia (chi non rammenta quel suo mirabil e moschettiere: Antico costume olandese, che, vero prodigio di colore, emergeva come la più bella cosa all'VIII moLE ESPOSIZIONI DEL 1911 una pittura sana e forte che, solo, per sapienza di toni e di rapporti emuli il vero. Ed è lotta veramente titanica quella che il Mancini impegna quotidianamente per cercare di fissar l' immagine del vero, immagine che vede come nessun altro oggi. Della sua pittura si può dire ciò che Giorgio Moore - il più acuto critico d'arte - disse di quella del Manet: che possiede la qualità, pregio altissimo riscontrantesi nell'opera di coloro soltanto i quali sentono devozione I N N A M o R A T A. stra di Venezia?), ma che anche in Francia e in Inghilterra (dove nel 1889 visse molti me si e compì molti ritratti), è una delle più caratteristiche figure che abbia mai avuto il mondo degli artisti. Indole di bohemi'en egli vi ve, nella Capitale, ancora quella vita modesta che menava ai primi anni della sua carriera, quando gli mancavano quei mezzi economici che ora, non forse nella misura che meriterebbe, ma certo largamente possiede. Semplice nel vestire, è semplicissimo nei modi e non è difficile av• vicinarlo a chi abbia la rassegnaz10ne di freper l'arte. Essa ha cpme fin e sè s tessa , ed è una r eazione a quel fardello d' idee r eligiose, · morali e filosofiche che per tanti anni ha tenuti come sotto un giogo i pittori moderni. Ciò avvicina l'artista contemporaneo ai grandi pittori di razza, Velasquez e Franz Hals, da cui sopratutto pare abbia assimilato l'aria sorridente eternamente che ravviva i suoi ultimi lavori, dandoci un'impressione gioiosa di cose e uomini, offrendoci la visione della sanità e della (Fot. Laucellotti, ) quentare, per un po' di tempo, l'umile osteria nella quale ama compiere i suoi pasti. Allora è un divertimento sentirlo discorrere a scatti, con un idioma in cui entrano in parti uguali il dia- . letto romanesco e quello napoletano, con tutto il florilegio degli acàdenti e dei mannaggia. Bisogna stuzzicarlo perchè dia la stura: ma quando ha incominciato non la smette più. E sono osservazioni argute e salaci, condite di grasse risate, sulla tecnica pittorica dei colleghi, sulla scarsa remunerazione e nomea che un artista trova oggi in Italia.

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