Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

vava, come si è già detto, difficile il successo. E, oltre a vendere al prezzo di pezzi di tela non ancora dipinti molti quadri, altri a regalarne, alcuni se ne vedeva trafugati. Nel 1874 decise, quindi, di recarsi a Parigi, a questa moderna Mecca degli artisti, insieme con Vincenzo Gemito e col Fabbron, distinto pittore morto poco fa . Ivi si trovò nel suo elemento, strinse subito amicizia col De Nittis, nella cui casa si davano convegno le celebrità dell'arte e della lettera- (Propri età Otto ~1essing·cr.) napolitana affermatasi all'Esposizione del 1887 e qualche nome glorioso, l'arte aveva perduto .gli splendori de' secoli passati è trascinava - è doloroso ma necessario dirlo - vita meschina. . L'arte cosidetta commeràale uccideva l'arte vera, e molte figure di artisti, che in quel tempo menarono scalpore, oggi, come la diffusione dei nuovi e arditi concetti pittorici ~penetrati anche · in Italia, sono cadute nella dimenticanza. Le illustri nostre tradizioni erano riprese, ·invece, e continuate, oltr'Alpe, dal grazioso e leggiadro Settecento così tipicam_ente rinnovato dal Fragonard, alla scuola classica rappresentata dal David, il pittore di Napoleone, che, sebbene afLE ESPOSIZIONI DEL 1911 tura, e potè conoscere i maggiori rappresentanti dell'impressionismo, cominciando da Edoardo Manet, il maestro di tutti, che gli tributò vivis• sime lodi per un suo quadro èsposto al Salon, quadro, poi, acquistato dal Governo francese per il Museo del Luxernbourg, dove trovasi tuttora. Più tardi il grande negoziante di quadi·i Goupil lo invitò a lavorare per la sua Ditta, presso cui, specialmente dal!' Olanda, da parte del celebre ' marinista Mesdag, giunsero molte ordinazioni. C O S T U M E R O C O C Ò. fetti freddezza accademica, tuttavia mostra nella sua pittura una serietà e una severità che si impongono; dall'impeccabile Ingres al_ tumultuoso Delacroix; trionfa la scuola del Barbizon con i forti paesaggi incisivi di Theodore Rousseau, con quelli lirici e divinamente belli del Corot, ,con le tempestose, drammatiche tele di Julien Dupré, con i romantici interni di forest a del .Diaz, meritre Troyon con le sue opere dove i .buoi" solenni coiue monumenti ,,, campeggiano, ci ricorda i più bei quadri del Cuyp e di Paolo Potler, e l'arte del Millet, con le szlhouettes dei contadini che, con es1jressione pensierosa, dominano, solenni come statue, su gli ampi canipi Fu allora che lo stile del Mancini si irrobustì di tutti gli ammaestramenti che egli poteva trarre in un suolo artistico ferace come quello di Francia; fu allora che essa si formò. In Francia, in quel tempo, era un continuo incremento della letteratura e dell'arte, mentre da noi, nonostante l'inattesa fioritura della scuola (Fot. Lancellotti.) inondati di luce, rievoca l'austerità dell'arte michelangiolesca, da cui deriva il Coubert con tenacia indomita si fa vessillifero del verismo nudo, spietato, ma striato di drammaticità dall'austero uso di toni profondi e cupi che dànno come un'ombra di poesia, e il nervoso Manet, che si agita incessantemente alla ricerca ostinata del vero, vede quel tesoro di luce da cui sono inondate le tele degli impressionisti. Antonio Mancini entra risolutamente nella scuola del verismo e ne rimane una delle forze più tenaci. Ma il suo verismo non ha niente di comune con quello degli altri pittori italiani, i quali, salvo qualche rara eccezione, dànno alle

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