Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

LE ESPOSIZIONI DEL 1911 L -A GERMANIA A La Francia è onnipresente all'Esposizione: la trovate, la vedete, la sentite dovunque. Quando credete che vi si distenda innanzi innocua ed immutata una parte dell'antico passeggio cittadino siete invece in mezzo alla mostra della sua silvicoltura; quando, usciti fuor del pelago, avete scoperto una sala dove si può sonnecchiare nella solitudine, comoda di ampi divani di velluto, la sala pacifica che v'offre l' eccezionale asilo nei giorni e nelle ore della folla, è quella delle banche francesi dove si ammirano grafici elaborati, casse forti magnifiche e più forse inutili fuor della nazione banchiera e capitalista. La Germania, invece, pur facendo atto di presenza in molte sezioni svariate, al di qua ed al di là del Po, fra la locomozione moderna e quella avvenire, nella stampa e nelle meraviglie dell' elettricità, è, al conf!,"onto, più casalinga e per essere davvero colpiti dal suo contribu~o a questa rassegna della civiltà moderna, bisogna vi- - sitarla, osservarla, studiarla nella sua propria sede, nel palazzo che si è eretta a fianco del Ponte Monumentale. L'attraversate e la percorrete una seconda volta per cercare di coglierne l'unità o gli s trati principali e per non lasciarvi trascinare a divisioni erronee dovete resistere ad alcune insistenze ostinate. La prima è quella delle penne serbatoio. Coi pseudoorientali che vi assediano da ogni parte per farvi ammirare e comprare un · loro bocchino dagli usi e dalle meraviglie eterogenee gli offerenti delle stilografiche costituiscono e rappresentano le mosche bipedi del1' Esposizione. Il martirio ed il fastidio di queste penne giunge a tale che vi augurate, malgrado il prospetto ed il monito del grande Palazzo del Giornale, di essere · analfabeti per poterle decentemente e ragionevolmente rifiutare. L'altra illusione da sorpassare è quella che vi è insinuata dall'essere questa Mostra della Germania -una delle più canore. Non echeggiante di trilli, di volate, di gorgheggi, ma piena di lente, solenni armonie liturgiche, di gemiti di canne e di corde, rotti o continui, solinghi od orchestrali, a seconda che si aprono o si chiudano le · molte sale da concerto che fiancheggiano nella maggior parte della sua lunghezza il grandioso padiglione. Non pensate, però, di esser nella Germania wagneriana: non vi siete più di quel che le penne d'ultimo tipo vi portassero nella Germania del dottor Faust; vi trovate semplicemen te nella industria degli strumenti musicali. Pianoforti e matite colossali, violini e pennini dorati sono soltanto un particolare di due degli aspetti fondamentali della Germania: rientrano e si accasano convenevolmente nel desiderio di compiere la propria vita signorile e di conquistare il mercato mondiale. L'istrumento musicale è, in quest'ordine ed in questo significato, un oggetto di lusso, ed il calamo tascabile è un istrumento di guerra, di concorrenza coloniale, più semplice ed economico ma non meno eloquente della Pantera ad Agadir. Eliminato · così ogni disguido ideale, la Germania vi si presenta con tre volti e con tre mète: voluttuaria, conquistatrice, pre.-idente, o, se volete dare a questi indirizzi nomi e limiti di classe, Germania di signori, Germania di soldati, Germania di operai. La Germania signorile o voluttuaria, la Ger• mania di lusso e di piacere è, delle altre, la meno autonoma, la meno indigena, la meno tedesca. Questa vita mondana e costosa vi si presenta di scorcio coi pizzi, colle vesti, coi gioielli e, come indicavo, cogli stessi pianoforti a cr:edenziere; vi si offre di tutta faccia nei progetti di stanze intiere e nella fisonomia minuta dell'arredamento artistico. Dallo scorcio, dalle fib - bie, dagli spilloni, dalla moltitudine di smalti policromi, dai monili sciatti e dai vezzi di frutta e di fiori, dalle vetrine di mille accessori dell'abbigliamento muliebre, se un'impressione si districa pure all'animo del profano è quella di un grande sforzo della Germania commerciale e tecnica per fare ciò che fanno gli altri, per produrre " l'articolo ,, del quale le nazioni vicine vorrebbero detenere il monopolio. Richiamatevi l'episodio caratteristico del corredo di nozze della principessa ereditaria del trono imperiale: la voce corsa e poi smenti ta che esso fosse in tutto od . in parte ordinato in Francia. Alla luce di quell'episodio, immaginandovi l'amarezza del nazionalismo tedesco per l'esotismo elegante, comprendete quelle crestaie e quelle trinatrici, quelle sartorie e quelle mercene che s1 susseguono e si affaste llano. Esse rappresentano il tentativo di emancipazione. Ma lo spirito di questa "moda tedesca,, è molto diverso da quello cl1e sostenne e sostiene fra noi il buon proposito di " una moda italiana ,,. Il senso primitivo e fondamentale che abbiamo dato al moto di riscossa è stato artistico, ideale, interno: qui è, prima di tutto, commerciale. Diventerà o conterrà tutte le altre belle cose, tutte le aspirazioni ·romantiche, ma per ora è economico: non si -tratta di sostituire un gusto all'altro, ma un mercante all'altro e di far cam- •biar strada non alle tendenze fantastiche ma alle ordinazioni ed alle relative cartoline-vaglia. Quindi nessun ritorno ali' antico tedesco, nessuna ricerca nelle tradizioni paesane se non per qualche mascherata in costume rurale: quindi ' nulla che equivalga a ·ciò che si è voluto fra noi rievocando le tele luminose della pittura trionfante. Questo sentite ma con esitazioni e riserve. L'abito, per grande che ne sia l'importanza, l'acconciatura totale, per vari e remoti che ne siano gli elementi, v' appaiono troppo mobili, troppo leggeri per essere assunti a testimoni profondi. Sembra che_ la casa meriti migliore fiducia: la casa è più stabile: la sua evoluzione è più lenta e quasi più temperata: la casa comporta rilievi geologici, e dopo averla esaminata ci avventuriamo più spediti a delinearne mentalmente il proprietario. E badiamo, questa maggiore attendibilità della casa non si deve intendere soltanto per la durata, il che sarehbe ele- ·- mentare e lapalissiano. Quando messer Baldassar Castiglione muoveva rimprovero ai cortigiani, delle " fozze straniere ,, nostro , tutto nostro, era ancora il mobilio della corte marchigiana. Non domandiamoci se . i desideri delle belle signore resteranno presi al vischio di queste civetterie alemanne e fermiamoci, attorno alla silenziosa sala d'on0re, nelle penombre suggestive di cinque o sei locali divisi da tramezze ed apparecchiati in tutto punto per un dovizioso inquilino invisibile. Invisibile ma non ignoto. Questi arredamenti compiuti appartengono già a qualcuno, e su una seggiola o su un divano, una striscia serpeggiante di cartellini vi dice che ne hanno ordinato la riproduzione i nomi sonori della plutocrazia cosmopolita. Ebbene, per quanto l'induzione possa sembrare sbrigativa ed imprudente, la famiglia ideale per la quale l'artista, il Feuerstein ad esempio, ha concepito questi mobili, pur essendo tedesca è essa pure cosmopolita. Questa eleganza tedesca è un p(i senza fissa dimora. Questo arredamento è il frutto di un compromesso. Le altre mostre in fatto di mobili e di coerenza di stile, di perseveranza e di compattezza di indirizzi d' arte, hanno tutte contribuito a rendervi esigenti. Volete il patriziato, magari patriziato ringagliardito con un matrimonio d'oltremare, ma patriziato riconoscibile a prima vista, patriziato che riceve poco ma riceve regalmente? L'avete nel palazzo della Moda, col Rinascimento, col Settecento, col barocco piemontese offertovi dalla città di Torino. Volete il mondo di corte, la società che ha il bisogno e l'istinto della vita ospitale e festosa? eccovi le sa.le della Città di Parigi. Volete i signori di campagna, che amano starsene al fresco dopo una corsa ed una caccia nella pianura sconfinata? Eccoveli so tto i tetti fortemente inclinati, fra e sotto il peso degli obelischi, nella sicurezza e nell'ombra ventilata di u_na casamatta, insomma nell'architettura caratteristica dell'Ungheria: sedetevi su quei seggioloni dallo schienàle conico, larghi, ieratici, blindati di cuoio come per essere s:nossi da una larga mano potente, attorno ad un rotondo tavolone massiccio a due piani, l'uno per le coppe di Tokai, l'altro per deporvi le pistole ed i coltellacci della cintura. O andate nel padiglione della Russia ad ammirarvi la efficacia artistica di alcuni mobili di stanze da pranzo, mobili non da stipettaio, ma da carpentiere, mobili tagliati e sbozzati rudi coli' accetta in un bosco secolare, mobili d'un popolo nuovo che li arricchisce e li avviva poi dei suoi disegni infantili e fantasiosi. Volete la casa moderna, la casa diafana, lavabile, disinfettata ed abbreviata, l' epitome di casa? Guardate nel Palazzo del Giornale, nella mostra delle pubblicazioni degli ingegneri, i progetti d'adattamento della villa inglese. Nella Germania, invece, nessuu ec_cess o, neszze suna mania, nulla di unilaterale. Non vi è neppure l'enorme del cattivo gusto americano, la violenza plebea della gente che ammassa e accapiglia i mobili costosi in un delirio d'ignoranza spendereccia. Ma vi è qualcosa di freddo, di impersonale, di sbiadito nella sapiente rabberciatura di parecchi buoni gusti diversi riuscenti ad un gusto che non appaga. Non c'è insomma più la Germania incurante degli altri e non c'è ancora la Germania soddisfatta di sè. Talvolta vi pare che la spiegazione sia da ricavar da qualche tetraggine: c'è una stanza da letto da tragedia con un'alcova che fa pensare ad Otello soffocante Desdemona; ci sono stanze da pranzo ambigue dove par che si debba rimanere nelle comode poltrone ad un lungo chilo, ma che d'altra parte hanno l'aria troppo solenne perchè i padroni di casa vi possano sonnecchiare o ·discorrere in faccia ai servitori che sparecchiano. E questo disagio risulta dal fatto che la semioscurità non è data dal finestrato gotico della casa antica ma dalle tappezzerie fitte per-i :nervi e le emicranie di una signora molto _moderna. Certo, di cose che vi piacciono ve ne sono assai: .c'è uno studio fasciato di silenzio, di libri scuri e rispettato dalia luce lontana -di una finestra alta: c'è . una stanza da pranzo cinta di alabastro, di lignei intarsi dor_ati e di giocondità ; ma quella solitudine non spira un murmure di poesia tedesca, e quella giocondità non spumeggia dalla birra. La birra? Dove è la birra qui? Dove sono le tazze sesquipedali, favolose degli dèi panciuti ed insaziabili? Ho letto che Guglielmo, accorto custode degli usi antichi, imperiale censore contro le infiltrazioni della Grecia d'oltre Reno, non ama gli ufficiali consumatori di champagne, e che, nelle serate militari promosse talvolta da lui, circolano fra le uniformi gallonate i vassoi di lunghe tazze bionde o brune. E qui, fra le cristallerie, le argenterie e le maioliche, non trovate servizi di birra, o se qualcuno ve n' ha, è timido, quasi clandestino: è sempre, è appunto Io champagne chie trionfa, e, se non lo champagne puro e semplice, lussureggia la sua correzione berlinese, la bolé. Quanti artisti hanno studiato le combinazioni più nuove di metalli e di terraglie per erigere maestosa nella stanza da pranzo, . fra un codazzo di calici, la zuppiera della bo/e, la lucente e calda zuppiera dalla quale scodellare nelle serate di fin d'anno l'aromatico miscuglio di vini e di frutta d'ananas! Anche l'imperatore è provvisto per la bo/e di magnifiche maioliche di Cadinen. Ma se colla bo/e lo champagne si disciòglie dalla Francia e assume qualcosa di recentemente teutonico, non è facile invece conferire un'aria germanica alla leggenda Napoleonica. . Ora, nella sala delle porcellane, respiriamo quel culto del Bonaparte che dovette diventare spasmodico in Francia alla vigilia della restaurazione imperiale di Napoleone III. I fabbricanti tedeschi di statuette si sono fatti una specialità, vorrebbero quasi un monopolio, di quanto concerne il Corso· fatale. L 'imperatore tragico di Sant'Elena, la forza inoperosa ed elegiaca vinta e prigioniera del destino e degli uomini, il momento storico nel quale l'arbitro di due secoli è divenuto la preda delle memorie distruttrici, tutte queste scene insomma che, a rifletter bene, testimoniano coi loro frequenti riflussi nella fantasia italiana, una simpatia umana che travolge ed oblia gli splendori del soglio, non si ritrovano fra i minuscoli personaggi della ceramica alemanna. Questa ha preferito svolgere in ogni suo aspetto la drammatica lagrimosa delle vicende domestiche: ecco il triste annunzio a Giuseppina, ecco, moltiplicato senza fine, il re di Roma. Dorme il piccolo, reclinata la bionda testina sui ginocchi del padre fieramente assorto nelle sue belliche letture: ride, gioca e scherza sfuggendo alla nutrice per correre verso l'imperatore, guerriero sovrano che, -deposta l'orrida maglia, terge il sudore del campo fra le gioie della vita domestica. Ecco, confronto questi . due gruppi con quelli del Canova, col Colleoni, . col Discobolo, colla signora Récamier , coll' eclettismo , che s' accompagna- a siffatte perspicue preferenze e simpatie egemoni: dal Discobolo al re di Roma vedo riprodotto e levigato un classicismo di scuola, la storia centrale dei poppli che hanno signoreggiato la fantasia del mondo, e mi pare che anche nei soggetti delle sue ceramiche l'artista germanico non riesca ad es• · sere sè stesso, ad estrarre dalla propria anima le figurazioni , del sogno indigeno e spontaneo.

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