Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

350 LE ESPOSIZIONI DEL 1911 Il problema dello stile moderno Ho detto che i nem1c1 di ogni rinnovamento dello stile decorativo possono giubilare perchè la presente Mostra torinese ci ha ricondotto al felice eclettismo di venti anni fa. Esageravo. C'è qualche piccolo neo. C'è per esempio l'arredamento dell'Albergo Alpino promosso dal Touring. Senza l'infausta, nequitosa, matricida Mostra d'arti decorative del 1902 non ci sarebbe nemmeno questo. Invece di quelle linde e decorose stanzette parate con carte a fiorami di buon gusto, invece di quei mobili e arredi semplici, solidi, eleganti e armoniosi nella loro sobria struttura, invece di quell'unità archite ttonica e cromatica, potremmo avere un albergo alpino di puro stile italiano come per fortuna dei tradizionàlisti ce n'è ancora tanti nelle nos tre felici vallate: letti in ferro con su dipinto il paesaggetto col mulino o col castello in rovina, armadio a specchio con l'attico posticcio forma di scudo, cornici per cort;ne, dorate con falbalà di velluto rosso gallonato d'oro, toel e tta di stile indefinibile con ceramiche rosa o azzurre filettate d'oro, e qualche brava oleografia alle pareti, parate con tappezzerie a mazzi di rosa. Dunque, per lasciare lo scherzo, a qualche cosa il nuovo stile ha servito, se anche la Mostra torinese non ne dia che saggi assai scarsi. Vero è che qualcheduno potrebbe osservare che pt".r combattere il cattivo gusto, la volgarità e la disarmonia, non era necessario uno stile moderno; si poteva arredare un albergo alpino o non alpino, in stile gotico o rinascimento o rococò. Vero; ma questo qualcheduno, se è in buona fede, potrà osservare subito a sè stesso che quella dignità nella semplicità e quell'eleganza nella sobrietà non potevano essere così facilmente raggiunte. Segno che qualche risultato nuovo lo stile moderno ha dato; è riuscito a fornire tipi decorativi più adatti ai bisogni della vita contemporanea, la quale, pur cercando nelle forme pratiche della sua esistenza un'armonia d'arce, ha bisogno di forme più svelte e più agevoli di quelle passate. Questo ammesso, e certo nessuna persona di buon · conlo · 10 può negare, si può sorridere di quanto all'.i ndomani della Mostra del 1902 ebbe a scrivere un illustre senatore, architetto ortodosso quanto infelice, che cioè la nuova arte decoràtiva era " agli antipodi dell'arte spontanea, democratica, costituendo uno sfogo soggettivo, un lusso della fantasia, anzichè il naturale soddisfacimen to di nuovi bisogni,,. Dunque questo stile moderno tanto diffamato non era un mito e qualche frutto aveva pur dato. Già, soltanto il facile umorismo dei frettolosi o la malignità biliosa dei retrivi potevano confonderlo con quelle disgraziate degenerazioni e pazzie, a base di fiorami sesquipedali e di ornati en coup de fou et che costituiscono ciò che fu chiamato più o meno a ragione "stile liberty,, e che divenne, non so perchè, delizia decorativa dei saloni dei parrucchieri. Guastamestieri ce n'è dappertutto, non solo in arte decorativa: ce n'è in musica, ce n'è in letteratura, ce n'è in pittura e scultura. Ma ingiusto fu prenderli a testimoni della nuova arte, come sarebbe ingiusto deridere la tendenza di un Debussy perchè qualche ciarlatano accumula dissonanze senza scopo; o ritenere uno scimunito Walt Whitmann perché i futuristi nelle loro righe lunghe " palpano la schiena alle nuvole ,, o annusano " le s telle putire come ananasse troppo mature ,,. Ma che farci? Nell'arte pura si ammette qualunque orrore come legi ttima ricerca di avvenire: in decorazione no: non bisogna uscire dall'orma del la tradizione. E si vide questo spettacolo curioso: s i videro infierire contro qualche curva e terodossa o qualche colore troppo spinto coloro che levavano a cielo come legittime luci di avvenire le peggiori, inescusabili deformità del corpo umano e le orgie di colori buffonesche perpetrate da certi impressionisti .... Fatta giustizia della volgarità e delle assurdità inevitabili, c'era dunque in quel movimento un nucleo innegabile di arte nuova: c'era sopratutto una tendenza all'unità armonica, che era andata smarrita: c'erano genialità superbe. Chi ha visitato, non soltanto sulle fotografie, la LIQUORE STREGA DITTA G;. .ALB.ER .Tl - BENEVENTO Esposizione Internazionale - l\lilano 1906 . ... _Esposizione Universale , - Bruxelles 1910 FUa°RI CONCORSO i"\E/Y\BRO DELLA GIURIA Mostra di Darmstadt del 1901 e il nucleo di villette costrutte da Josef Olbrich sulla Matildenhohe, ha visto tesori d'arte decorativa h a compreso che quella che a primo aspetto potè parere povertà e aridità di invenzione era invece sotti lissima sapienza decorativa che limitando a sobri elementi la decorazione lineare, riducendo gli aggetti e il chiaroscuro dei profili, confinando i motivi ornanientali a sobri richiami, intendeva r endere e rendeva più ariosa e meno stanchevole l'intimità di una stanza, chiedendo ad una delicata armonia di colore ciò che artefici di altri tempi avevano chiesto meno bene ad una profusione di ornati. Era sapienza decorativa squisitissima, pari a quella che nell'arte pura destinata ad arricchire quegli ambienti, recava in quegl i stessi anni Gustavo Klimt, il fratello spirituale dell'Olbrich, quel Klimt di cui potranno piacere o meno le astrusità simboliche e le stilizzazioni anatomiche, ma al quale anche i primi beffeggiatori riconoscono oggi, bontà loro, una sovrana sapienza di decoratore armo· nioso. Negare a quest'arte viennese una originalità di forme ed un'unità di stile estesa a tutte le manifestazioni decorative è negare l' evidenza. Ricordo che a Darmstadt, visitando sotto . la guida dell'Olbrich quella mostra in cui tutto, dal profilo di una cornice al cartell o dei prezzi della birreria, dalla livrea dei camerieri al programma della musica, era impresso dello stesso originalissimo marchio di atistocratico spirito d' arte, pensai che rivi veva veramente per essa l'armo• nia decorativa, spezzata da quas i un secolo; riviveva in una forma assolutament e nuova e moderna, con una gioventù di forme che se mai peccava di esuberanza giovanile e non di povertà, una gioventù in cui non stonavano richiami di arti antiche e magari preistoriche:. non stonavano perchè se fu lecito ai quattrocentisti assimilare elementi romani, lecito all'ini.pero attingere agli scavi di Pompei, lecito dev'ess ere a noi, che abbiamo scoperto l'antichità ellenica primitiva e la preellenica a loro ignota e che al mondo greco ci sentiamo vicini di spirito come nessun'altra età, attingerne ispirazione: non stonavano, perchè chiunque conosca con qualche esattezza. l'arte micenea, sa che v'è in essa uno spirito violentemente naturalistico, singolarmente affine _alla visione moderna; sa che vi sono motivi ornamentali fondamentali ed eterni. - Ed io penso pur sempre che da quegli elementi e da quei tentativi, elaborati e armonizzati, mondati dalle esagerazioni e dalle bizzarrie, poteva sorgere veramente per opera di un artista di gusto o di una scuola, uno stile moderno trasmiss ibile e non effimero. Ma i confratelli e i seguaci dell'Olbrich non · compresero questa nece ss ità: estesero la novità invece di moderarla e di codificarla, e g iunsero alle stranezze ed alla povert~ affettata degli Hoffmànn e de i suoi seguaci. Perchè dunque se uno stile nuovo si era manifestato, non trionfò, anzi decadde ? Per molte e varie ragioni. E la prima è questa, che pare un paradosso: nonché soffrire di deficenza inventiva, s?fferse nella sua stessa abbondanza. Lo stile nuovo fu tentato da troppe persone e in troppo varie sedi per divenire universale. Ciò non accadde per gli stili storici. Lasciamo da parte i g randi sti li connessi con fondamen - tali riforme costruttive: lo stile greco vincolato all'architrave re ttilineo; il romanico legato all'arco tondo ed alJa vòlta: il go ti co connesso al sistema di archi e piloni contrastanti; tutti gli altri st ili nacquero da un art ista o da una bottega o da una scuola e si diffusero per facile e docile imitazione: furono il frutto di una moda: negli ultimi secoli a noi più prossimi, la moda venne di Francia e fu accettata senza di scut erla, anzi con entusiasmo, come un contrassegno d'eleganza e di buon gusto, anche quando contrastava ed urtava gusti, costumi, tradizioni, bisogni locali: in Russ ia come in Inghilterra, in Jspagna come in Turchia. Ora questa supremazia non è più riconosciuta ad alcun paese: la Francia non la tiene più che per la moda vest iaria femminile, ed è un primato che si tenta spesso di strapparle, ma che r es iste perchè non è facile creare altrove un organismo produttore così agguerrito e favorito da particolari virtù di razza e d'ambiente. Ma l'arte decorativa no. La Francia ne ha perduto lo scettro con la caduta dell'Impero, ed il secondo Impero non potè riassumerlo, e meno che mai la Repubblica radicale e socialista, essendo noto nulla esser più infesto all'arte dei regimi democratici se non abbiano a presidente un tiranno arti~ta, come Pericle. Ora nè Grévy, nè Faure, nè Loubet nè Fallières furono o sono precisamente dei Pericle, se anche non senza Aspa sie: i decoratori e gli ebanisti dell'Eliseo non poterono rifare il mirac?l? degli artefìci dei varii Luigi e di Napoleone, dt imporre ali Europa un proprio sti le. Il radicali~m? rna_ssonico pari~ino potè proteggere per ragtom po1Lt1che un artista, il disgraziato agitatore dello stile "a colpi di frusta,,, il Guimard: per fortuna 11011 prevalse. Ma nessuno stile sarebbe ptevalso, se anche invece di Guirnard i decoratori parigini si fos sero chiamati Le Brun e Perrault, Mansart e Boulle, Caffieri e Riesener Percier e Fontaines : troppo sono mutate le con~ dizioni spirituali; troppo vivace · si è ridestato il sentimento e tnico nazionale. È nella varietà degli indirizzi che uno stile moderno ha trovato il suo maggior ostacolo. Pochi elementi bastarono a caratterizzare per esempio lo stile rococò o l'impero: furono accettati ad occhi ch iusi per gusto di moda e perciò divennero tipi ci, semplici, definitivi trasmi s - s ibili; ma gli artisti moderni che, sco~sa la servile copia delle forme s toriche , cara alle vestali della tradiz ion e, cercarono nell e form e naturali moti vi di stilizzazione decorativa, ne crearono fin troppi e troppo variamente atteggia ti : lo sforzo rngegnoso fu troppo vasto, \'ario e perciò privo dei caratteri d i semplicità e di fissità necessari alla diffusione . Gli artisti non erano come i loro predecessori, semplici artefici ob~ bli ~a ti a prod~11Te commercialmente; erano pittori e scultori tror,po raffinati, troppo avvezzi alla libert à fantastica dell'arte pura moderna· sacrificaron? i bi_sogni di uno stile al piacer~ della creazione libera e frammentaria; lavorarono il mobile e l'arredo isolatamente come una statua, sdegnarono di piegarsi alla commercialità. Questo il massimo ostacolo alla diffusione di uno sti le moderno. Altri e non minori furono e sono l' eclettismo ammirativo della nostra età di coltura e lo snobismo mondano. La fioritura indus triale e commerciale aveva tratto sulle soglie della ricchezza nuove masse umane: ora, la prima cura dei nuovi arrivati è quella di collocarsi nella tradizione, di far dimenticare la novità della fortuna: l'arricchito che compera una sala Luigi XIV si crea l'illusione di un passato e la crea altrui, precisamente come si foo-a ia la vaga illusione di _una ge nealogia illustre ~ppendendo alle pareti vecchi ritratti di ignoti. Ma questa gente che imponeva all'ebanista ed al tappezziere la riproduzione fedelissima d'uno stile storico, quando per caso domandava un ambiente moderno, metteva per prima condizione che non rassomigliasse a quello fornito ad un~ ~arn!gli~ ~mica o rivale.... Date queste cond1z1om d1 spmto, se uno stile ci fosse, non potrebbe che scomparire. Scomparirà dunque? Questa mirabile messe cli sforzi genia!i, troppo geniali anzi, è dunque destmata a fimre nel nulla? L'età moderna non ay~à uno sti le?_ L' era degli sti li è dunque defi111t1vamente cluu sa per un misterioso decreto della sorte, ed ai secoli nuovi non sarà più concessa che la riproduzione delle meraviglie ed anche delle non meraviglie del passato ? Non è pro_babile, e non lo credono nemmeno g li avversari. Anche coloro che affermavano la assoluta impossibilità di un nuovo stile, che ne deridevano i tenta tivi, che giubi lavano d'ogni insuccesso, che s1 dichiaravano beatissimi di vivere nella stereot ipa riproduzione dell'antico cominciano a me ttere clell'acqLia nel loro vin~ o meg!io, del vino nella l_oro acqua: non er.~ possibile negare la fatalità dell'evoluzione. D'altra parte come fare a negare la novità o la bell ezza cli un gioiello ci el Lalique, di un ven ta o·l io austriaco, di un ricamo della Bobe rg? Gabriel e d'Annunzio, custode fier iss imo della latinità e della tradizione, non aveva fatto nel suo ultimo romanzo il richiamo ai batihs olandes i? E ammesso il principio in una parte, come negarlo al tutto ? Così ogn.i. tanto sorge qualcheduno a dire: bisognerebbe rinnovare sì, ipa seguendo la tradizione. Già, questo della tradizione, è un vecchio equivoco molto comodo. Il

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