Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

LE ESPOSIZ IONI DEL 1911 L'INAUGURAZIONE DEL PADIGLIONE TOSCANO. - I FIORENTJNI E I SENESI (fot. Abeniacar). L'ARTE Su di una fascia che percorre un la to del Padiglione Toscano è questo motto quattrocentesco inciso a grandi caratteri: Fi·orenza fior che sempre ri'nnovella. E sull a porta del vestibolo; dal cui ·so ffitto a volta discende calma la luce turchina delle robbiane ceramiche che Luca plasmò e pinse per la ca ttedrale di Pis toi a, stanno Jue leon i, i due Marzocchi fiorentini, seduti fie - ramente, con una zampa sollevata, in atto s de - gnoso e crucciato di difesa. · Fra il motto gentile . e poe tico che fa di Fiorenza e della Toscana inte ra un perenne giareii no di primavera, e il simbolo di orgoglioso dominio è racchiusa tutta la Toscana, con la storia e con le arti, quale un gruppo di ar tefici nostri volle oggi, a Piazza d'Armi in Roma, raffigurarla e compendiarla. Purezza splendida di magnificenza: ecco l'arte fiorentina. Come un gusto sopraffino allegge risse ogni mole, armoni·zzasse ogni traccia di fasto, era, oserei dire, un segre to posseduto soltanto dai toscani, quantunque fra le città toscane Firenze e Pisa architettas.,;ero stili diversi, ed alçiune città minori, Lucca, Livorno, Prato, Arezzo si accostassero o all'una o all'altra delle due rivali dominatrici. Ma la vicinanza era frappa e i commerci e le frequenze, ed anche le .battaglie erano così costanti, da fondere nello scambio di uomini i gusti d' arte, e, tranne nei particolari, le differenze di stile si smussavano in i;nolte generalità consimili. T anto più che le navi pisane e i mercatanti fiorentini potevano importare entro le loro inura una foggia di veste, o un'acconciatura di tes ta alla Francesca od alla levantina, ma es portavano cose d'arte la cui bellezza apprezzatissima preparava il cinquantesco ésulare di _non pochi nostri artefici gloriosi. Contro questo lusso e sfarzo di moda si scagliarono molti dei più puri di fiorentinità, Dante ·compreso, e molti dei più aridi di vedute, non escluso il Savonaro la; l'e leganza però rimase e r imase il lusso, un po' francesco, un po' val enTOSCA.NA A ROMA. tino, un po' come voleva essere. Ma sopra la fragile instabilità della moda, l'edificio conservava tenacemente, anzi, direi meglio campanili s ticamente, il carattere cittadino. Edificio pubblico o privato significava assai più che luogo di preghiera, di consiglio, di dimora: significava Fi renze ai fiorentini, nelle loro preghiere, nei loro consigli, nelle loro abitazioni, e significava del pari Pisa ai pisani, Siena ai senesi; anzi spesso significava ancor di più, poichè a quei del Giglio voleva dire Fiorenza in quella data Arte, in quell a data Parte ; e così a quei della Croce, o a quei della Balzana, e così agli altri tutti. Gli artefici recavano spesso nella città in oligarchico a,rruffio le audacie dei loro monti e la ser enità dei loro campi, o anche portavano energ ie plebee - con buona pace di quanto asseriva Michelangelo divino - e scendeva dal Mugello._ il pastore Giotto di Bondone, e dal Valdarno salivano Masaccio e Giovanni, e dal Casentino Andrea Del Cas tagno, e dalla città figli di tess itori, di tintori, di sart i raggiungevano la celebrità dell'arte, o passavano nella confusione di quel che oggi chiameremmo mestiere, ma ' che pure, allora seppe dare anonimi tesori d'arte. Ecco il segreto dell'arte toscana: questo non mai interrotto compenetrarsi dell'Arte al mes tiere, ques ta equilibrata fusione dell'aristocrazia della prima alle apparenze democratiche' del se_condo; questo fluire e rifluire di vitalità che agli s tessi commerci dava il nome di Arte. Così l'ar te serpeggia fra plebe e popolo grasso fra popolo e grandi, e poi fra dominatori e domina ti, come in nessuna altra regione, e s i rinnova di secolo in secolo, da vicenda a vicenda ed a poco a poco, anche le città toscane · nemiche alla regina dell'Arno ne subiscono, sia pur ribelli, il predominio commerciale e artistico: al color compatto della pietra, altra sostituirà il bianco e nero dei marmi, altra modificherà le durezze dei due colori col rosso mattone, altra rabescherà snellezze di bifore o di trifore: ma la linea resterà ferma al tipo primo, dal Brunellesco glorificato, poichè in mezzo ad ogni vicenda, i grandi popolani si varranno sempre degli artefici per attestare nei loro edifici e monumenti la loro devozione alla patria, e gli artisti, anche nelle audaci innovazi oni, altro non faranno che innes tare la propria audac ia sul vecchio tronco glorioso dei precursori toscani già celebrati in tutta la cristianità. E poichè gli artefici erano nello stesso tempo soldati e poeti, architetti e pittori, scultori e cantori, e si stringevano in brigate nell e qu;ili ogni arte correggeva l'altra e tutte accumunava, un tipo doveva derivarne, di armoniosa e suggestiva perfezione, in cui si accoppiassero la genti lezza ed eleganza delle forme ad un alto e s ignificativo senso di signorilità e di grandezza dominatrice. Questo tipo sopra ogni altri doveva personificare il divino Brunellesco, ed a questo sovratutto s i sono ispirati oggi gli artefici che a Piazza d'Armi vollero rappresentare la Toscana con un edificio che compendiasse tutta la v ita civile, politica, artistica e fami lia re de i suoi secoli più fas tosi e più gloriosi. * La città del Fiorino non poteva, in questo edificio simboleggiante a Roma la Toscana tutta, separarsi da quelle città che le fan corona, che ne sono quasi una mirabile gemmata cintura. Perciò l'archite tto Giusti e il pittore Galileo Chini, gli artisti eletti che idearono e diressero la costruzione del Padiglione, vo ll e ro che al nucleo principale dedicato a Fiorenza si appoggiassero le altre città, Pisa, Siena, Livorno, Pistoia, Lucca, Arezzo, in modo da formare un tutto complesso ed organico. E nell'apra grande altri fratelli di arte si unirono a loro, in un mirabile sforzo d'energie 1<iovani e tenaci, accomunate dal de- ·50 années triomphal succés: contre les TOUX usez des Pasti'lltis~---·..Mai~cfi"e·~ini -- - ---- - =~~- -~ - -

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