Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

LE ESPOSIZIONI DEL r9rr ROMA. 1L PADIGLIOi'\E DELLA SERBIA (tempio di Cossovorea) ALLA MosTRA DI BELLE ARTI. IL TEMPIO DI COSSOVO, Il Padiglione della S~rbia, all'Esposizione di Roma, ha la forma di un tempio nobilmente barbarico " il tempio di Cossovo ,, - rotondo e vigilato da una sfinge di arcaica fattura. Il tempio non è ancora. Sarà. Sarà per ricorda,re non una vittoria, ma una disfatta, quella di Cossovo (1839); disfatta, ma che temprò il popolo Serbo, vinto dal turco, alla più eroica delle secolari resistenze fino alla vittoria finale (1804) e gli diede il dono imperituro della glo'.riosa fra le epopee, quella spontanea, sorta dall'animo di tutta una gente che al canto affidq i ticordi e la suprema speranza, al canto dei "guslari ,, , poeti ciechi ed erranti come Omero: I guslari cantavano del grande re Lazaro morto . a Cossovo e fatto santo, e del grande fi: glio di re, Marco, il potente, il mitico Marco, cui fu sacra ogni lagrima della sua gente e non morì; ma dormì solo nei secoli oscuri in attesa dell'appello del suo popolo, quando l'ora giungesse: · Tutta _una epopea espressa - in frammentarii canti nelle " gusle ,, fu tramandata così per secoli da ciechi e vecchi poeti che recitavano alle adunate genti dei villaggi, condotti essi intorno da fanciulli scalzi. Signore dei canti, Marco Craglievic, Marco il figlio di re; l'eroe nazionale che, come ebbe dalle " vile ,, - ninfe e valchirie a un tempo delle terre bosniaca e serba - l'annuncio della morte imminente, salì un monte, levò la spada, recise il capo al suo cavallo " che in mano turca non cadesse,,, ruppe in quattro la ·spada, e si _sdraiò a terra sotto un abete e giacque: giacque sino al giorno della risurrezione. Poichè egli doveva, dopo il sonno dei secoli, svegliarsi e si svegliò, e guidò il suo popolo alla vittoria, il tempio di Cossovo sorge a onore suo e del popolo che coi fiori della sconfitta seppe, lento ma sicuro, preparar le corone della vittoria. L'estrinsecatore di questa idea grandiosa fu un giovane, giovane .e gigante, artista bosniaco: Ivan ,Mestrovic. Egli volle evocare l'anima di una razza e presentarla nelle linee di una nuova marmorea epopea: merito suo il concepimento quasi · sovruman6, merito del governo e del popolo serbo l'aver ·compreso quale pcissanz<1- aggiunga alla dignità di una giovine nazione l'apoteosi dell'arte. · E così la Serbia ha r etto a Roma il primo modello del " tempio di Cossovo ,, - severo altare eretto all'anima di· una nazione - e ha chiesto a Roma per esso il primo battesimo fi. · duciosa che il senso suo nazionale e religioso sarebbe compreso, in un al · di là delle nuove sue linee architettoniche e decorative. E Roma ha compreso e plaude, e il plauso suo profondo è bene per avere valore di completa consacrazione. Completa consacrazione anzitutto del genio di un artista di sovrana potenza quale è Ivan Mestrovic, il quale per anni lavorò solo, alla sola luce della sua alta speranza a creare tutto il popolo di statue da lui, col miracolo nuovo, suscitate. . . Eglì veramente, - si. può affermarlo senza esagerazione - " trasse dalla profondità dei secoli e dai profili dei nudi monti della sua terra, gli ero i, i martiri, le vedove, gli orfani, tutto il mondo di un popolo sepolto dalla catastrofe che lo avvolse ,, ed eresse le statue popolatrici di questo " tempio in frammenti simili ai canti spezzati della sua gente ,,. L'interno del " tempio,, è fatto a croce latina. Oltre l' entrata sono due file di cariatidi di tipo arcaico fra l'assiro e il miceneo, ma aventi stilizzato nelle linee dei volti sigillati, il profilo della gente serba. In vari reparti dell'interno sono quadri, sia dell'epopea di Cossovo - la lotta di Marco col turco e la proclamazione di Marco al popolo serbo - forti e nobili lavori di T. Krizìnann; sono tele e pastelli e acquarelli di V. Balie, di Petar Pocek, il poeta del paesaggio montenegrino, di Mirko Rochi: ma, conviene affermarlo una volta per tutte, il popolo di statue del Mestrovic dominà l'interno del " tempio ,, quale leit-motiv assoluto. Al centro, sotto una rotonda, è gigantesca la statua equestre di Marco, l'eroe mitico, che nell'epopea del passato, con la sua gen_te dormì il sonno greve, e con essa si destò. Esso sembra uscito d'improvviso, così come era aspettato, dal suolo stesso del popolo eroico. .e, una vera meravigliosa, sovrana forza d'unità in questa massa grandiosa, dove cavallo e cavaliere sembrano creati d'un colpo, da un gesto di volontà! Intorno a questa rotonda sono, negli spazi delle porte, tes te cli turchi di fattura e veri tà nuove, sorrette, nei quadri in cui stanno, dalle tristi, piegate figure ·degli schiavi serbi. Nelle crociere del tempio è il posto degli eroi, degli schiavi, delle vedove - degli eroi combattenti e feriti, furenti nell'impeto come Milos, supremi nell' odio come Sergio " dal cattivo sguardo ,, (il capolavoro del Mestr:oyic) - delle vedove, taluna con l'orfano bambino fra le braccia, tal'altra assorta nella stupidità del dolore o nell'angoscia delle ricordanze. . E in queste figure femminili, ove il tipo della _razza appare comune, la plastica potenza del Mestrovic si afferma supremamente vittoriosa. Egli. è nel modellare impareggiabile; ed altre cose sue sparse (come il ritratto del padre e _ della madre, due_t_ecniche opposte) ne sono riprova eloquentissima. Ivan Mestrovic ha una tecnica straordinariamente interessante: specie nelle grandi figurazioni allegoriche l'uso degli elementi dell'arte assira (vedi il cavallo di Marco) della pre-ellenica (cariatidi e teste femminili) e della romanico-gotica è evidente. Così quelli del maturo rinascimento e della recente tecnica rodiniana, nei nudi di donna e nei ritratti. Ma tutti questi elementi sono riassorbiti ericreati dalla sua potenza d'artista che sente naturale il bisogno di assimilare tutti gli elementi di " forza ,, sparsi nelle tecniche dei tempi e luqghi che conobbe. . E così attraverso la forza che Ivan Mestrov1c giunge alla sua mèta di perfezione. ·Questo " tempio ,, in cui egli si leva gigante lo afferma; questo tempio che gli consente il privilegio, che nei secoli pochissimi artisti hanno conosciuto (e di cui il merito è stato quasi tutto suo) di collocar la sua opera ' di scultore in rap• porto e nell'armonia di una linea d'architettura, che a un tempo la complet~ e si completa con essa. Con il suo padiglione, con questo " tempio,,, sembra che il giovane popolo balcanico abbia 'voluto chiedere a Roma una sanzione più solenne di quella dell'Arte (fatta qui più che fine a sè, strumento di nobile adorazione: quello della religione della terra natale) la sanzione, alla madre della civiltà d'occidente, della sua rinnovata vita civile. · Il caso è degno e solenne: e in tutta la sua grandezza e importanza esso fu bene prospet• tato dal principale ordinatore della mostra Serba. Egli scrisse infatti, nella monografia, che · tale mostra dichiara e illustra: " la visita che il po• polo Serbo fa oggi all'Italia - ricordante la pro• pria gloriosa liberazione dai dominI stranieri e la sua consolidazione in · uno Stato grande .e degno dell'immortale suo passato, ha significato di somma importanza sociale e storica. Giacchè la Serbia, rappresentante ora tutta la cultura della sua stirpe sparsa dal Danubio all'Adria, e fino alle porte del Bosforo fatato, stringe in questo fausto giorno la mano fedele e potente di Roma, capitale del Regno d'Italia, sovrana e· madre dei popoli, ed appella al suo genio e al suo cuore, onde l'avvenire della nazione Serba abbia guarentigie sicure e simpatie feconde nella via salutare di pacifico progresso e di civiltà. ." I legami che ora si riannodano fra l'Italia, erede di V <;:nezia, padrona dei mari, e la Serbia tendente ad aprirsi la via del benessere presso quello stesso mare, che diede vita e gloria in tempi remoti alla sua stirpe, divengono, nell'apoteosi dell'arte mondiale a Roma, realtà vivente che nè tempo, nè cangiar di vicende umane potranno mai distruggere.. .. ,, ARNALDO CERVESATO.

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