Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

LE tS PO S I Z IONI bE'. L 1911 · R O -M A. L A S A R D E G N A A L L' E S P O S I Z I O N E E T N O G R A F I G A. ALLA CACCIA DEL CINGHIALE. Fonni nessuno deve conservare alcun timore; il fo res tiero e l'amico de i fonnes i è necessario che venga r ispe tta to. Ques ta concessione primordiale del rispe tto per l' ospi te che è considerato ancora quasi come cosa sacra, lo porta na turalmente à una corrispondente e primitiva idea dell' ones tà, dell' odio, della vende t ta. Il sardo fac ilmente si offende e per il suo selvaggio amore della libertà , ama ottenere da sè so ddisfazion e sull'offensore; donde la vende tta. ll sardo macera l'odio indomabil e nell a sua affumicata tana di g ranito e di tufo, sdrajato accanto al fo colare quadrangolar e, perseguita to dal ti cche ttìo ossessionante della macina che l'asino bendato conduce intorn o con un mo to perpe tuo, e poi esplode in un terribile . colpo di fu cile - che è . il lacerante urlo di un'anima, È l' odio del solitari o che si nutre d'erbe e di vendetta. Ma il sardo è buono. Cioè ama chi gli por ta amore e cer èa la sua esigua feli cità in un ris tre tto cerchio di mondo : quasi in sè s olo. Ha le virtù e i vizì dell' uomo primitivo. Noi tutti l' ammiriamo per ques ta tenacia infrangi bile del suo ereditario is tinto. Che il pas tore sardo s ia buono ce ne persuadono le sue canzoni; canti di una dolcezza così accora ta , di un languore tanto acuto e lacerante che noi sentiamo l'anima soffri re sul filo di quelle nenie e quasi svanire mortalmente. · È l'uomo denutri to da una insanabile in fe licità Coi\ TADINI SARDI. • BICGHIERI SARDI. L A SCENA DEL P ANE : L A COTTURA DELLA II CARTA DI MUSICA 11 • che così canta ; è la creatura martoriata da ereditari e piaghe di cento generazioni devas tate dalla malaria, oppresse da governi malvagi, ròse dalle incursioni barbariche; inie t tate di fi e le fratricida che così geme il suo languente ardore. Certi visi di febbre s i trasmutano nel canto in volti di passi one; alitano sulla pell e secca torbidi brividi di tragedia. Da . un pelago di dolori si sublima quel canto. S entiamo cosa scrive un g rande poe ta sardo, Sebas ti ano Satta: p A CE , Van le p lacide greggi per gli steli bia nch i di luna ; br ill ano ve rmig li fu oc hi dappresso e atto rno s u pei cigl i roccios i, sot to il p l1 ro a rco dei cicli. A mmoni sce i l vegliardo ora i fe del i pasto r i, a l ui devo ti come fig li: la s ua paro la suona nei consig li grave e , solenne c01ne ne i va nge li . De lla pace egli par la che nel cu ore siede a col u i che con le mani monde di sangue vive: e spargon tant'amore le sue parole, e versan tanta pace i cieli , che nell e an ime iraconde ogni tor va passione a lfi n si ·t ace . Ques to fermento d'amore ci pe rsegue in ogni pell egrinaggio pei villaggi sardi, quando r e - chiamo in noi un mite animo modesto, una semplicità di frat elli, una curiosità s incera e fanciullesca : quando sappiamo di venire ingenui e me tte rci in contatto con quelle me nti per prevenirne i pensieri : il che è di una fa cilità puerile.

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