Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

i f: 1 tra qualità rarissima, il clono cioè di saper distinguere gli uomini ve- · ramente .superiori, tra la folla c!6 mediocri. Nessun mecenate ciel Rinascimento, nè Ludovico il Moro, nè lo stesso Leone X, poteva vantarsi di contare fra i suoi protetti od amici, un · COSÌ grande numero di letterati e artisti eminenti . Aldo Manuzio, il Bembo, che già dal 1501 faceva alla Marchesa una corte ass.idua, l'Ariosto, Paolo Giovio, B. Tasso, B. Castiglione, il Bandella: poi il M_antegna, Giovanni Santi, Leonardo ~la Vinci e Tiziano, che dipinsero il suo ritratto; lo · scultore medaglista G. Cristoforo Romano; Lorenzo Costa, il Perngino, '.Giambellino, Raffaello, il Fran- : :ia, Giulio Romano, il Correggio, Sebastiano ciel Piombo e molti altri. I due gabinetti d'Isabella, che si veggono nel Padiglione Lombardo, fanno parte dell'appartamentino del Castello cli Mantova, eletto il Paradiso, ricco di grandiosi soffitti in :egno, il cui fasto è solo pareggiato dalla: suprema distinzione. I mobili a muro di questa sala mantovana, si debbono al prof. rerrario di Milano. LE ESPOSIZIONI DEL 1911 lievi a fiori e putti. Infine, sotto l'a· trio del Padiglione, si drappeggia il Gonfalone di Milano (ricamato dal Valori), che ci presenta Sant'Ambrogio, il buon Patrono della città, in atto di schiacciare gli Ariani. Il Padiglione lombardo è uno dei maggiori (per vastità e bellezza), fra quelli che compongono la mostra etnografica di Roma. Ed è documento · notevolissimo, dell' energia e dell'attività talora un po' irrequiete, ma sempre feconde, per le quali l'arte lombarda, si distingue traverso i secoli. Già fin dal secolo XV, i nostri artieri cominciano a farsi apprezzare. A forza di volontà alcuni tra loro divengono architetti) al modo stesso che i tagliapie t ra di Fiesole, di Settignano e di Maiano divennero scultori. Non vi illudete del res to: quei modesti Magistri· comacini, le cui origini sì perdono ne lla notte dei tempi, non sono che l'avanguardia d 'una invasione ben altrimenti minacciosa. Poco a poco, essi attireranno dei gloriosi capiscuola: Bramante, divenuto lombardo per il suo lungo soggiorno, intraprenderà la conquista di Roma e del 1·esto d'Italia, preceduto o accompagnato da Caradosso, il re degli orefici: Sodoma stenderà il suo dominio su Siena e le città vicine: Fra Giocondo e Andrea Solario sulla Francia, ove saranno seguiti da Leonardo da Vinci, un altro lombard o per adozione. Brescia ha, nella sua sala raffi. gura1He l'anticamera della Regia Pretùi·a, buone riproduzioni, (eseguite dal pittore Trainini) degli affreschi di Lattanzio Gaipbara (1530158+), prodigioso ùtista che alla Scuola del CamP.i e del Romani1;10, aggiunse l'ingegno suo, il tocco gagli ardo, la ricchezza dell' invenzione, la sapienza nel rilievo, l'abilità negli scorci. Fu così feconqo, che si può dire non vi sia palazzo o chiesa del tempo che non contenga- almeno un'opera di questo infaticabile artefice. La sala bresciana accoglie pure una pregevole collezione di armi. La lavorazione ciel ferro fu in ogni tempo per BreIL GONFALONE DELLA CITTÀ DI MILANO (sotto l' atrio del padiglione). Dall a metà in poi del secolo XV, gli scultori lombardi, potevano misurarsi, senza troppo svantaggio, con i migliori maestri clell' Ital ia Centrale. Pie tro da Milano, che la scultura e l'archite ttura possono, con egual diritto, rivendicare, fa fortuna a Napoli, avendo al suo scia, fonte cli ricchezza ed elemento della sua forza. Nel cinquecento, questa industria toccò la perfezione dell'arte. Già nella disperata difesa contro il Piccinino, le anni da fuoco bresciane avevano menato strage del nemico per la loro precisione. Brescia, in questa industria divenne un vero emporio: molti stati si rifornivano qui di armi d'ogni genere: e con tale perizia venivano lavorate a bulino e orùate ·con disegni eia valenti artisti, che1 principi italiani e stranieri, vollero possederne. Bergamo, figura con la stanza da letto di Bartolomeo Colleoni, che è nell'Opera Pia Colleoni. Questo palazzo, sia per la parte architettonica, come per q1,1ella scultoria decorativa, è uno dei più smaglianti esempi dello splendore e della raffinatezza alle quali giunse l'arte italiana nel quattrocento. Rifulge davvero, nel palazzo, in così detto gusto classico: la finitezza delle sculture e degli ornamenti, la varietà e la novità dei partiti architettonici e gli accordi vibrati di colore formano una festa di linee e cli marmi, un insieme cli bellezza singolare. Ecco Cremona, con il Cortile del Monte cli Pietà, ov'è una prolusione di decorazioni eleganti e leggiadre in terra cotta. Interamente è riprodotta pure la sala a pianterreno, a destra dell'atrio d'accesso al Monte di Pietà il soffitto della quale è una meraviglia. In questa sala sono esposti due arazzi di •soggetto s torico cremonese (Ezzelino da Romano), il camino marmoreo del Pedone e il famoso arcibanco della chiesa di San Sigismondo, dovizioso di intagli e di intarsi in rovere, pero e noce. La tarsi·a, ossia l'arte della intarsiatura in legno, cominciò ad essere coltivata, çon larghezza di intendimenti, nel quattrocento. E in questo secolo che appariscono ·motivi più liberi e più graziosi, vasi, candelabri, fiori, rabeschi: poi, delle vedute architettoniche si sostituirono a questi timidi ornati: e per metter innanzi anche la figura umana, gli intarsiatori di quel tempo non aspettarono neppure che l'arte loro, quanto alla tecnica, fosse progredita al punto di meglio riunire i frammenti e dì colorarli in tinte apposite, per supplire a quelle che la natura non dà: e si accinsero pure sin d'allora alle storie complicate: in una parola, tentarono cli gareggiare con la vera pittura. La provincia di Cremona, ha nel Padiglione Lombardo, un lato del Castello di Pandino, il celebre feudo di Casa d'Adda, giunto fino a noi come una impareggiabile visione, 1nassime nelle pittoresche lanbù della corte interna, cli una abitazione ducale campestre per soggiorno di caccie o per ritrovi autunnali, nella seconda :metà del ATRIO DEL MONTE DI PIETÀ DI CREMONA. secolo XV. (Le riproduzioni delle pitture cremonesi, furono egregiamente curate dal pittore Luigi Comolli). Dalla villa Visconti di Saliceto, in Cernusco sul Naviglio, venne presa una lussuosa saletta barocca. E non manca, per Sondrio, una caratteristica stufa valtellinese, rabescata di bassorìfianco i compatriottì Francesco e Domenico Lombardo; Andrea Bregno, lavora, con s uccesso, a Roma e a Si ena: Ambrogio Baroccì, nel palazzo ducale d'Urbino, poi a Ferrara. I medaglisti milanesi non riscuotono minor successo -: Pietro diviene uno dei favoriti del re Renato: Amadeo getta in bronzo le medaglie di Leonello e di Borso d'Este. Infine, Caradosso modelle!. a Roma le mirabili figure, che non hanno cessato d'esser classiche, cli Giulio lI e di Bramante. Concludendo: le nostre popolazioni ebbero sempre, una vitalità gagliarda. Percorrendo la nostra regione, bisogna fermarsi dappertutto, davanti ad ogni scultura, ad ogni tarsia, ad ogni pittura: tutte recano un'impronta di ispirazione e di chiarezza, talora anche cli precisione, che attrae e seduce. Milano, maggio r9r r. Nrno D'URio. IL NUOVO INNO DEI TIRATORI VERSI DI AURELIO COSTANZO . Ecco le parole del nuovo Inno dei tiratori, dettate da Aurelio Costanzo: Cinto il serto a ['auree chi ome di regina, muovi il piè: suoni ovunque il tuo gran nome, inni e voti, Italia, à te. A te, Ita lia, che sortita dei tuoi padri a la virtlt, sorgi e tempri a nuova vita la tua balda gioventti. Quanti hai figli sparsi al mondo senta ognun la patria in sè: st ringa un palpito fecondo il tuo popolo e il tuo re. E noi pur, giovani e forti, pron.ti e vincere o a morir, inneggiamo alle tue sorti, a l tuo fulgido avvenir . E a la gara, che l'ingegno desta e accende il patrio amor, fermo il braccio e l'occhio al ·segno, noi ti offriam degli anni il fior. Tu presaga del destino· · che alla gloria ti addurrà in noi fida, e il tuo cammino segui, e avanti se1npre va. Usi a . l'armi, i figh tuoi lancia in grembo a l'avvenir. ... qnesto popolo· d'eroi saprà vincere o morir.

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