Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

r.So berto. La gente si perde nella vas tità delle piazze, dove non si vedono che rari' nantes; presenta un aspetto generale d'eleganza nell'ultimo tratto di via Roma e so tto i portici, e piglia gradatamente un colore modesto e popolano, via v ia che scende verso il fiume o risale verso i quartieri di se ttentrione o di ponente. L'ordine è nell a fo lla come nell'ar chitettura: passa una processione a des tra e una processione a sinistra d'ogni strada, l' una opposta all'altra: da una parte non si vedono che nuche, dall' altra non si vedono che visi. Certi personaggi si succedono con una frequenza che si nota subito: il vecch io giubilato, sbarbato e pulito, che va rasente il muro, il giovane ufficiale d'artiglieria della scuola d'applicazione, lo studente vestito con una certa sprezzatura d'artista, la sartina dal co rpi cino s nello e asciutto, con quattro cenci addosso, messi con garbo signorile, e aggra• ziati da un'anda tura capricciosa ins ieme e com· pos ta; l'operaio di statura media, d'aspetto rude, di membra sol ide, di movimenti da soldato; l'uomo nuovo, l'.industriale, il commerciante, l'agente d'affari, fra i trenta e i quarant'anni, trascurato nel vestire, di viso serio, grigio innanzi tempo, leggermente invermigli ato dal Barolo vecchio, col sigaro -di Cavour spento fra le dita della mano inqui eta, e un pensiero fi sso sulla fronte; il grosso padre di famiglia, borghese benesfante, con un viso benevolo, che rivela poche idee , ma quelle poche nette e· salde, e inchiodate profondamente nel cervello, nella CO· scienza e nel cuore; e tratto tratto qualche signora alta, sotti le e bianca, coll'occhio azzurro e il piede patrizio, che fa. col suo mantello · di velluto nero una macchietta vigorosa e. pomposa nel grigio volgar e della folla. Tutti camminano guardando diritto davanti a sè; s i discorre senza rallentare il passo; poche conversazioni ad alta' _vocè ; nessuna apostrofe da un lato all'altro della strada; s i parla a mezza voce, a frasi spedite, ges ticolando in uno spazio circolar e di nori più di due palmi di raggio, e risalendo prontamente sul marciapiede, per forza d'abituclinè, ogni volta che s'è stati costretti a discendere. E già, nelle s trade frequ entate, si vede, come . nelle grandi ci ttà del nord, . una speci e di gara ad arrivar e i primi, a lasciars i indietro chi ci cammina accanto, come se ogni vicino fosse un concorrente in affari. Tutte le scorciat oie sono utilizzate, si scantona rasente i muri, si attraversa la s trada di corsa, s' inse• guono i tranvai, s i fa fo lla agli incrociamenti delle carrozze e .dei carri, e s i apostrofano carrettieri e cocchieri con voci e ges ti impazienti di gente che ha i rnihut-i · con tati. Ma una certa apparenza di geù tilezi.\j.: corregge il carattere un po' aspro di quella vt~f~f~'ettolosa di città indus triale. I saluti . sono prè111(frosi, i cappelli si abbassano profondamente, ·1a ·gente · si scansa co n dei giri sveltì e larghi; i bottegai riaccompagnano i compratori alla porta con un atto ce• rimonioso, il cameriere s' inchina all'avventore sulla soglia della trattoria, il fiaccheraio riveri - sce la " pratica ,, , il venditore di g iornali ringrazia del soldo con un buon augurio, le erbivendole si chiamano " madama ,, , le due frasi spicciole del galateo torinese ca Jassa grasszà e ca scusa si sentono da ogni parte e· ad ogni proposito come il pardon e il s'zl vous pla ft a Parigi; la città fa i suoi affari alla lesta ma con dignità, eia signora educata, non da rozza merciaia. E come Parigi na l' ora dell'assenzz·o, Torino ha l'ora del vermut, l'ora in cui la s ua faccia si colora · e il suo sangue circola più rapido e più caldo. Allora le scuole riversano per le strade nuvoli di ragazzi, dagli opifici escono turbe d'operai, i tranvai passano s tipati di gente, gli equipaggi s' inseguono , le botteghe dei liquori s ti s'affollano, un esercito d'ufficiali e di soldati d'ogni arma si spande in ogn i parte e mette un soffio di gioventù per le vie, e nella mezza oscurità •della sera, pàr di veder Torino come all'immaginazione piace di raffigurarsela in ùn avvenire lontano: -una Torino di quattrocento milà abitanti, che riempia la sua cinta daziaria, con un nuovo centro e · nuovi sobborghi, tutta sonante d i lavoro e rigurgitante di vita. Ma il più bello sp~ttacolo vive, e nello stesso tempo il più originale, che offra Torino, è la passeggiata sotto i portici cli Po, le sere d'inverno. I portici sono i boulevards di Torino. L'albergo cl' Europa può rappresentare il Grand Hotel; la chiesa dell'Annunziata, la Madelai'ne; il caffè Fiorio, Tortoni·; il Teatro Regio, il Grand Opera. Anche qui la folla maggiore, e il fiore dell' eleganza e del lusso sono a destra. La LE ESPOSIZÌÒNI bEL 191 ± prima cosa che dà agli occhi è il contras~o della bottega splendida col baraccone da villaggio che le sorge in faccia, nello s tesso tempo officina e negozio; il banco della fruttaiola di fronte alla trattoria aristocratica; il rivenditore d'almanacchi e di libri usati in facc ia al grande libraio· signorile. La con tessa -vesfita in gala passa accanto ai banchi di legumi e di caci, la conversaz ione leccata dei dandy è interrotta dall'urlìo plebeo dei cavamacchie e dei venditori di fotografie; tutto il mondo elegante sfila · in mezzo a quella lotta muta e continua del grande e del piccolo commercio, schierat i l' uno di fronte all'altro, in atteggiamento ostile, come due catene di sentinelle avanzate dei .due grossi eserc iti nemici della borghesia e della plebe:- . Qui la folla è fitta e nera, divisa in due correnti, che si toccano, e· spesso si confondono, e s traripano fuori dei porti ci. In alcuni punti è un . vero serra serra, come all'uscita da un teatro, •tanto che nello spazio di tre braccia quadrate si ritrovano spesso 1,111 capitano d'artiglieria, una coppia matrimoniale, un prete, un accademis ta, una crestaia, un operaio, stretti in un mazzo, che paiono una famigli a sola. Qualche volta per pigliar spazio la folla è cos tretta a ferm~rsi, e tutti " segnano il passo ,, come •una colonna di soldati. L'aspetto e il contegno general e è grave, come l'and atura. La gen te g ira tutt'intorno alla Galleria Subalpina, a passi lenti , processionalmente, come nella sala d'un museo, non facendo che un leggiero bi sbiglio, che lascia sen• tire distintamente le note acute dei cantanti nell a sala sot terranea del Caffè Romano. Sotto i portici 11 011' si sente che un mormorìo sordo ed egual e, fra cui risonano forte, qua e là, le sciabole degli ufficiali e le risa argen tine delle fioraie e èlelle sartine, che fanno una scappata a traverso il bel mondo, coll'involtino in mano, . prima di tornare a casa, e le porte dei caffè affollati , aperte e ri chiuse bruscamente, per pau ra ciel freddo. Par di essere in, una galleria d'un palazzo grandissimo, dove i con vitati sfilino - rispettosamente. Siccome gl' incontri sono frequentissimi e si ripe tono, così è un sa• lutarsi continuo di militari, una continua scap• pellatur;;t di ami ci e di conoscen ti,- di studenti e di professori, di gross i e di piccoli impiega ti, che si voltano obliquamente, passandosi accanto, per non urtarsi nel petto. Della gente non s i vede che il viso . I fiati fumano. Ma i baracconi riparano dal freddo. S i sta bene in quella calca, così s tretti, l' uno addosso all'altro, e pare che tutti provino piacere a pigiarsi, a sentirsi davanti, dietro e dai lati dei ·pesanti pastrani, dei grandi mantelli d'ufficiali, dei g rossi borghesi ben pasciuti e caldi, usciti allora da una sala da pranzo. Da tutte le s trade laterali arriva gente, chiudendo l'ombrello, pestando i piedi, scuo tendo i panni bianchi di neve, e tutti si ficcano in . quella folla, con gus to, tirando un respiro, come se entrassero in casa. E la folla ·essendo così stretta, s i colgono a volo da tutte le parti, passando, dei bra ni di dialoghi sommess i, frammenti di discussioni· s cientifiche, giudizi le tterarii di studenti, riflessioni sullo stato dei fondi pubblici, qualche volta frasi staccate di confidenze di signorine, che un'ondata di gente ha separate dai parenti che vengon dietro, conversazioni frances i e tedesche, parole dolci vibrate a bruciapelo ne i momenti di maggior confusione; specialmente allo svolto dei portici in faccia alla Galleria, dove accade spesso d'incontrarsi faccia faccia con marito e moglie, e sentire nello stesso tempo il fumo del sigaro ciel marito negli occhi, il manicotto della ·signora contro le mani e la tes ta del bimbo in un fianco. Chi non c' è abituato, può seccar~i sulle prime, e impazientars i di quella s trana passeggiata: ma tutti, prima o poi, ci pigliano piacere. C' è non so che idea d'in timità domestica in quel lento va e v ieni di gente affollata so tto quegli archi, dinanzi a quell e ve trine splendide, che finiscono collo s tamparsi nella memoria, ad una ad una, come i mobili della casa propria; c'è un'apparenza come di buon accordo universale, di affratellamento, un' immagine viva di quell'unanimità di sentimenti e di propositi che rese forte e simpatico il popolo piemontese, qualche cosa di geniale e di benevolo, che non s i sa ben dire, ma che me tte un calor salutare nel pe tto, dalla par te sinistra. Torino, però, si presenta in mol ti aspe tti molto diversi, che un forestiero non può osservare in pochi giorni. Ci son poche città che cambino v iso così completamente col cambiare della stagione e del tempo. Ha una bellezza sua propria quando è coper t a di neve, quando le Alpi son tutte bianche, le colline bianche, i giardini, gli alberi dei viali lunghissimi, i larghi corsi, le grand i piazze, tutto bianco; specialmente di notte, quando a traverso la neve fitta, che vela la luce delle fil e interminabili dei lam• · pioni, non si riconoscono più le vie, si confondono i crocicchi , la città sembra imme rsa, e nei vas ti spazi deserti, regnano dei si lenzi cupi cli cit tà disabitata, in cui fuggono e spari scono come ombre impaur ite le carrozze e_ la gente, e vi par spenta la vita per sempre. E bella anche nelle mattinate d'inverno grigie e rigide, quando il cielo coper to piglia successivamente mille colori stran i di viola, d'oro e di porpora, che paiono rifl ess i cli grandi incendii lontani, e ogni strada è ch iusa da una cor tina di nebbia, come dal fumo de l fuoco di fila d'una barricata, nel quale i monumenti s i drizzano come larve, e le persone appariscono improvv isamente, come se sbucassero di t'e rra, e tutta la popolazione affaccenda ta della mattina, morsa dal freddo, precii::-ita il passo, batte i piedi, s tropiccia le mani, soffia sull e dita, saltella e scantona ad angolo retto, colle spalle ingobbite e il gomito al muro, come se fosse inseguita e sferzata da una legione cl 'aguzzini · invisibili; e par che i raggi del sole, s'arrestino intimiditi sui cornicion i delle case, e che la ci ttà sia condannata al gelo e all a penombra d'un'alba perpetua. Ma è bella sopratutto di primavera, in quei giorni in cui da un inverno lungo e uggioso si salta improvvis amente nella bell a s tagione, e si sen te la verità di quello che disse George S~nd : . la primavera dell'Italia se ttentri.onal e è la più bella del mondo. Allora Torino s i riscuo te tutta, e par che ring iovan isca in poche ore; la popolazione si spande per i giardini e per i viali, come a una festa; per le grandi s trade passano t orrenti di luce e d'aria; a ogni cantonata par che soffi una brezza nuova; s i sentono delle ondate d i odor di campagna e di fragranz e alpine, che dànno una scossa al sangue ; il cielo·, le mon· tagne, le colline, gli sfondi lontan i delle :1ie, tutto è terso, ne tto, fresco, allegro; Tonno pare una cit tà americana, venuta su _da pochi anni, nel primo sboccio della sua verde adole• scenza ; ma doratà da un raggio di bellezza italiana. Ma per veder Torino nel suo più b t ll 'aspetto, bisogna vederl a nell 'occasione d'una di quelle grandi feste nazionali, in cui accorrono qui Italiani d' ogni provincia, vecchi minis tri che vi passarono i più belli anni della loro età mat ura, deputa ti maturi che vi passarono gli anni più beJli della giove ntù, giornalisti che vi fecero le prime armi, ricchi che ci vissero nella s trettezza, an t ichi emigrati, senatori, ge nerali, tutti i supers titi di quell a grande legione di no.mini di Stato, di scrittori, cli lottatori, di soldati, di tribuni, che preparò e iniziò qui la r ivoluzione italiana, e se n'and ò colla capitale. .t- bello e commovente quel ritorno. 'f.utti hanno qui mille memori e ; sparpagliandosi per la città, ne ritrovano una ad ogni passo; riconoscono luoghi e pe rsone, rivedono col pensiero gli amic i e i compagni perduti, ricordano alla svolta d'ogni via, si può dire, un avvenimento e un'emozione. In que i g iorni la popolazione torinese è tutta in · giro, e anch'essa rivive in quel bel tempo, che par g ià tanto lontano, in quei begli anni di spera nze e d'entusiasmi ; anch'essa riconosce a ogni passo un ospite antico, deputati incanu· titi, generali incurvati, gravi pubblicisti di cui ha let to le prime appendici letterarie, ministri che vivevano in una camer e tta al quarto piano in via Dora Grossa, visi, voci, gesti che ravvivano tutti i suoi più cari ricordi e le fanno battere il cuore. Allora certi luoghi della città, certi angoli s tor ici ripigliano per qualche ora l'aspetto antico; si rivedono nei vecchi caffè i personaggi e i crocchi d'una volta; da ogni parte si stringono mani d'amici, s i sentono esclamazioni di sorpresa e di piacere, e conversa• 'zioni concitate, piene di domande, di date, di nomi, di parole tristi e affettuose, e di echi so• nori delle antiche passioni giovanili; piazza Castello s i rianima, so tto i portici ripass;:t un soffio del cinquantanove, tutta la città si sente rifluire al core · il suo ve_cchio sangue di guerriera e di regina, e apparisce più bella e più altiera in mezzo alla grande cintura verde dei suoi platani, nell'immenso anfi teatro azzurro · delle Alpi. _(R1:prod11ziolle vietala.) EDMONDO DE AMICI S.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTUzNDA1OQ==