Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

• a des tra e a s1111stra, l' una chiusa dalle Alpi, l'altra chiusa dalle colline. Qualche somiglianza con altre città ci si trova: si ricorda via Toledo cli Palermo, Livorno, certi quartieri cli Marsiglia e cli Barcellona. Ma qui c'è qualche cosa cli spe - ciale, difficile a de finirsi: non so che cl\ più rigido e cli più corretto. Non son le case francesi, gabbioni con pretese cli palazzi, parate cli decorazioni posticcie; bottegaie rinfronzolite. Sono fil e cl'imu'hate, schiere cli alunne cli collegio-convitto, grosse massaie benestanti, tarchiate, in abito eia camera, che si clà111JQ francamente per quelle che sono, e spirano un'a ria cli bontà con - tegnosa, l'amor della vita regolare, l'abitudine delle passioni contenute. Il color giallo impera, con tutte le sue sfumature, dal calcare cupo all'oro pallido, misto cl' innumerevoli tinte verdognole e grigie, che però si perdono in una tinta generale giallastra, un po' sbiadita, che dà alla città un certo aspetto tranquillo cli decoro ufficiale. Qua e là c'è un t entativo cli ribellione d'una casa azzurra, in qualche punto scoppia il grido acuto d'un edifizio b:anco, che fa un po' cli scandalo in quel silenzio cli colori modesti; ma subito dopo si ri s tabilisce la disciplina in due hmghe fil e cli case della solita tinta, un po' imbronci te, che han l'aria cli disapprovare quella pazzia. Percorse le prime strade, si comincia a notare qualche corrispondenza tra la forma della città e il carattere della popolazione. C'è espressa una certa ostinazione in quella uniformità, c'è un'idea cli schiettezza in quello sdegno d'ogni ostentazione, un certo indizio cli proceclére aperto in quell'ampiezza cli spazi, un'immagine cli forza in quella tarchiatura cli edifizi, una perseveranza che va dritta allo scopo in_ quella rettitudine cli linee. Passando per quelle strade si ricorda involontariamente la disciplina dell'antico esercito sardo, le antiche abitudini militari della popolazione, la rigidezza della burocrazia, l'onnipotenza dei regolamenti, lo stile duro cieli'Alfieri, .la semplicità nuda cli Silvio Pellico, la correttezza un po' pèclantesca d'Alberto Nota, lo stile cadenzato e simmetrico dei lunghi periodi oratorii cli Angelo Brofferio, e la chiarezza ordinata degli articoli cli don Margotti, cli Giacomo Dina e ciel dottore Bottero. S ' indovina la vita della città a . primo aspetto. Non c'è, come a Firenze, il piccolo crocicchio, l'angol e tto, la piazzetta, dove Ògnuno si pare a casa sua, dove è possibile il dialogo tra la strada e la finestra e la fermata cl'un'ora colle spalle alla canto.nata. Qui c'è per tutto la città aperta, larga, pubblica, che vede . tutto, che non si presta al crocchio, che int errompe le conversazioni intime, che dice continuamente, come il poÙziotto inglese: - Circolate, lasciate passare, anelate pei vostri affari. - Si può esser usciti col miglior proposito cli anelare a zonzo: si finisce col fis sarsi tina meta. A un certo punto si sente un po' cli sazietà; l' arti s ta si rivolta contro quella re·golarità compassata. S'ha la testa così piena cli angoli retti, cli parallelismi, cli simmetrie, cli analogie, èhe, per dispetto, si vorrebbe poter scompigliare tutta quella geometria con un colpo cli bacchetta fa. tata, che mettesse Torino sossopra. Ma a -poco a poco, come certi motivi monotonj, che, a furia cli sentirli ripetere, ci si fissano nella testa con una irresistibile simpatia, così quella regolarità a grado a grado fa forza al gusto e soggioga la fantasia. Si prende amore a quell'uniformità che lascia la mente libera, a quella specie cli dignità edilizia, non ancora offesa dall'insolenza ciarlatanesca della reclame colossale, a quell e corrispondenze cli prospetti, che s'indovinano prima cli .vederli, come le rime pelle strofe metastasiane, a quella nettezza rigorosa, a quei grandi lembi cli cielo, a quelle vie lunghissime in cui insensibilmente il passo s'affretta, lo sguardo s'acumina, il petto si dilata, la men te si rischiara, alle grandi piazze e ai grandi giardini che fanno qua e là un largo squarcio improvviso pieno d'aria e cli verde, nella rete uggiosa delle strade gemelle. La città sonnecchia un poco tra via cli Po e via San Lazzaro, . dove grandi isolati cli · color cupo gettano come un'ombra cli tristezza nelle vie larghe e solitarie, nelle quali non si sente strepito cli lavoro, e la pedata cli chi passa risuona sotto le volte dei portoni muti e nei cortili ·erbosi; ma si ravviva e ringiovanisce sui confini. cli Borgo Nuovo, c!Qve per sei vie allegre e chiare, piene cli popolo minuto, si vede il verde fitto ciel Corso ciel Re; e all'estremità cli tutte le strade che van eia ponente a levante, le colline ciel Po mettono un riflesso cli serenità e cli grazia campestre. Più si va liW,Jtano dal centro, più la città si fa varia e amena. Si trovano clegl_i angoli ariosi, tranquilli e simpatici, che fanno pensare alla vità raccolta d'un capo sezione giubilato, che vada ogni. giorno a quel- · LE ESPOSIZIONI DEL 1911 l'ora a leggere il giornale al caffè vicino e a far la passeggiata igienica nel viale accanto, ed abbia la sua oretta fissa per la visita galante a una buona amica cli quarant'anni; dei piccoli crocicchi operosi, d'aspe tto giovanile, formati eia alte case poderose, che dominano un vasto orizzonte, attraverso alle quali par cli vedere le camerette cli tanti studenti cli provincia, poveri, ma cli buona razza piemontese, che martellino ostinatamente sui libri, menando una vita cli sacrifizi, per prncurars i un avvenire onorato e lucroso; delle grandi case aperte ad angolo verso la strada-; con cinque ordini cli terrazzini, che mostrano. mille piccoli particolari intimi della vita torinese , dal servitore che innaffia i fiori della contessa al primo piano, su, su, scendendo per la scala s cciale a misura che si sale per la scala della casa, fino all'impiegatuccio tirato che legge il giornale sotto i tetti e alla mogli e dell'operaio che stende i suoi cenci fuori della soffitta. L e strade essendo lunghissime, presentano successivamente vari aspetti; anelando avanti diritto per una strada sola, si attraversa una piccola parte cli Torino commerciale, una parte cli Torino elegante, un quartiere povero, un quartiere affollato, un quartiere deserto: si vede la città in tutti i suoi aspetti, senza svoltare una volta sola. E non si trovan grandi contrasti. 1 palazzi, schierati alla pari colle grandi case borghesi, alcuni anche dissimulati eia una facciata comune, come il palazzo dell'Università e il palazzo clell'Accademia filarmonica, non servono a dar carattere alle strade. Non c'è il palazzo vistoso ciel gran signore, che schiaccia gli edifizi circostanti, e dà l'immagine d'una vita splendida _e superba. L'architettura è democratica ed eguagliatrice. Le case possono chiamarsi fra loro: - Cittadina - e darsi ciel tu . La divisione delle classi sociali a strati sovrapposti dal piano nobile ai tetti, togli e alla città quelle opposizioni visibili cli magnificenza e cli miseria, che accendono nell'immaginazione il desiderio inquieto e triste delle grandi ricchezze . Girando per Torino, s i prova piuttosto un desiderio cli vita agiata senza sfarzo, d'elegan za discreta, cli piccoli comodi e .cli piccoli piaceri, accompagnati eia un'ope rosità regolare, confortata eia un capitale modesto, ma solido, come i pilastri dei suoi portici, che dia la sicurezza dell'avven ire. Ma ques to carattere apparente cli Torino muta tutt' a un tratto, all'entrare in quella parte della città che si stende fra via Santa Teresa e piazza Emanuele Filiberto. Qui la città invecchia improvvisamente cli parecchi secoli, si oscura, si stringe, s'intrica, si fa povera e malinconica. Il forestiero che vi capita per la prima volta, ne rimane stupito, come dalla trasformazione istanfanea d'una scena teatrale. Appena: v'è entrato, la città gli si chiude intorno, inte1·cettanclogli la vista eia tutte le parti, ed egli vi resta preso come in un aggu·ato. Le vie serpeggiano e s i spezzano bizzarramente, -fiancheggiate eia case al_te e lugubri, divise eia una striscia cli cielo, che s'aprono in portoni bassi e cavernosi, eia cui si vedono cortili neri, scalette cupe, aneliti bui, vicoli senza uscita, sfondi umidi e tristi cli chiostro e cli prigione. Par cli essere discesi in una Torino sotterranea, dove non penetri che una luce riflessa. E anclancl'o avanti verso il Palazzo Municipale, tutto si fa più stretto, più nero e più vecchio. Si riesce in crocicchi angusti che ricordano le scene ciel Goldoni, dove si spettegola tra la strada e le finestre, in angoli cli viuzze, raccolti e intimi, in cui pare ché tutte le famiglie che v'abitano debbano far vita comune, come una tribù cli gitani; si vedono dei chias , uoli misteriosi, chiusi fra alti muri senza finestre, d'un grigio sudicio, coperti cli gran macchie diaboliche; e là delle immagini cli madonne agli ' spigoli delle case, delle botteghe cli qarbiere col lume acceso cli mezzogiorno, dei covi cli rigattieri che paiono imboccature cli cantine, degli alberguggi cli villaggio con insegne grottesche, e cortiletti coperti cli tettoie rustiche, ingombri cli carri cli mercanti di campagna; dei caffè sepolcrali, che cuattro avventori riempiscono; e si gira in mezzo a file di botteguccie che han tutto fuor dell'uscio, fra odori cli formaggi, cli scarpe, cl'olii, cl' acciughe, in un puzzo cli stantio e cli rinserrato, in una mezza luce cli crepuscolo, fra un va e vieni cli gente affaccendata che si stringe al muro per lasciar passare carri e carrette che ingombrano tutta la strada; e si vedono fra quella gente dell e figure che non si ritrovan che là, delle beghinette incartocciate a cui si domanderebbero i connotati cli Carlo Emanuele I-II ; dei droghieri vecchi come le strade, che han l'aria cli aver militato contro la Spagna, delle mummie cl'orefici secolari, a cui vien voglia cli clàre . passando la -notizia . fre_sca dell'unificazione cl' ItaÌ3l lia. C'è in tutta quella parte cli Torino un malumore d'antica cittaduzza fortificata, una tristezza cli museo archeologico, un tal vecchiume cli muri, di merci, cli faccie, cl'esalazioni, cli tinte, che vien fatto cli guardarsi intorno coll'idea cli veder ancora gl'Israeliti col nastro giallo al braccio, o cli tender l'orecchio per sentire se la camp,:ma dell'antica torre cli Dora Grossa sonasse per caso un'esecuzione capitale o la raccolta ciel Consiglio clecur ionale della città. L'illusione si fa più viva arrivando sulla piazza ciel Municipio. Davanti a quel palazzo, giovine cli due secoli, ma d'aspetto già antico, in quella piazzetta raccolta, affollata cli gente della campagna, circondata cli portici ingombri cli banchi cli merciaie, attraversata dalla folla che va al mercato cli Porta Palazzo, in mezzo alle statue colossali cli Carlo AlbePto e cli Vittorio Emanuele, fra il duca cli Genova che brandisce la spada e la fìgura atlefca ciel Conte Verde che atterra i Saraceni, cli fronte allà via stretta e austera per cui lo sguardo va diritto al palazzo silenzioso delle antiche Segreterie; si rimane presi così strettamente dalle memorie e dalle immagini d'un altro tempo, che par cli riviverci e cli vedere e cli capire fin nelle sue più intime cose l'antica capitale ciel Pie1n-onte, quell a piccola città rude, severa, soldatesca, cocciuta, che pr°eparò ostinatamente, in silenzio, la grande lotta, e s i cacciò per la prima, a capo basso, contro il colosso ne.mico, coll'-impeto ciel toro eia cui ha tolto lo stemma. E si scorcia quasi, stando in que_l punto, la bella Torino vasta, gaia, crescente, che le si allarga intorno eia ogni parte, e par cli cadere in un altro mondo, ri entrando improvvisamente in via Dora Grossa, che spande un torrente d'aria e cli vita nuova a traverso a quel mondo invecchiato. Come canzoni monotone e tristi che finiscano in una risata argentina, tutte quelle vecchie strade che corrono eia levante a ponente, vanno a riuscire in istracle spaziose e chiare, sboccano in piazze e in giardini, - conducono ad una nuova Torino giovanile, attraversata eia larghi viali, piena cli verde, ribell e all'antica disciplina architettonica, dove al gran:le isolato succede la casa geniale, al grosso pilastro la colonna snella, al terrazzino a ringhi era il terrazzo a balaustri, al giallo tedioso mille colori ridenti e leggicri; a una Torino regolare e simmetrica, senza monotoni.a, che spalanca verso le Alpi la gran bocca cli piazza dello Statuto, come per _aspirare a grandi ondate l'aria sana e vivificante della montagna. Tutta questa parte cli Torino riceve un riflesso particolare <li bellezza dalla grande catena alpina che corona l'orizzonte delle sue smisurate piramidi bianche . Pare che le Alpi mettano nelle sue piazze e _nelle sue strade tranquille il sentimento ciel silenzio immenso delle loro solitudini. Da ogni parte spuntano le loro cime: tutto si profila sulla loro bianchezza; le ultime case cli Torino sembrano fabbricate alle loro falde; in meno cl'un'ora pare che si debba arrivaré ai piedi dell e prime montagne. Al levar ciel sole tutta la grande caten,a si tinge d'un colore cli rosa leggerissimo, d'una grazia infinita, che impone quasi il silenzio all'ammirazione, come se Ja parola dovesse rompere l'incanto, e far svanire la ;visione. Lungo il giorno lo spettacolo cangia ad ogni ora. A momenti si intravvedono appena, dietro a un velo cli nebbia, come una linea misteri.osa, i contorni altissimi che paiono profili cli nuvole enormi ed immobili; poi la catena immensa passa per tutte le sfumature più fresche e più pompose dell'azzurro, presentando tutta una tinta unita senz'ombre, che le dà l'apparenza d'una prodigiosa muraglia verticale e . mer_lata che separi , due 1poncli. Ora le montagne appariscono vicinissi111e, a travers:o all'aria limpida, Yariat e cl' infiniti . contrasti· cl'o1nbra e cli luce, che fanno distinguere nettamente tutte le creste, tutti i dorsi, tutte le gole, tutti gli .sc;oscenclimenti, i più piccoli rilievi e le più leggiere ondulazioni dei loro · fianchi mostruosi, come · si vedrebbero col t~lescopio; ora svaniscono, quasi nel chiarore bianco ciel mezzogiorno, smisuratamente lontane, <;l'una tinta vaporosa che s i" .·confoncle col cielo, e ingannano l'occhio che le cerca con dei profili fantastici cl'altezze soprannaturali, che si dileguano quando si crede d'averli afferrati. Alle volte si mostrano qua e là a -larghi tratti, come inquadrati negli. squarci clel)e ·nuvole, dopo un rovescio d'acqua, nette e fresche sul cielo terso e profondo; altre volte, cin ie cli immensi veli bianchi, coronate cl' aureole can elide, impennacchiate cli nuvolette luminose, che clànno un aspetto più solenne, con quel sorriso cli grazia passeggiera, alla ma es tà impassibile della foro grandezza. . (Co11tim1azio11e e fi11e al prosst"mo 1111111ero.)

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