Le Esposizioni del 1911. Roma, Torino, Firenze (Treves)

---- -------------- LE ESPOSIZIONI DEL 1911 i!Ì . TORINO. LE DECORAZIONI PER IL SALONE DELLE FESTE, DEI PITTORI PREMOLI E SOBRILE (fot. Treves). norata polve di parecchi lustri; eran cambiate nel frattempo più e più volte le mode, e le punte e i tacchi e le allacciature, ma quelli stivaletti erano sempre rimasti inalterabili, simbolo di una stabilità che soltanto può valere per il piede dell'uomo. Orbene io ho creduto di sognare non ritrovando più quei testimoni della mia adolescenza. Spariti! Anche loro! Spazzati dalla bufera del modernismo. E al loro posto ecco le punte rigonfie come guancie enfiate dal mal di denti; ecco i tacchi obliqui all'americana. El'America sarà scomparsa quando questi ci saranno ancora! Ciò che mi ha altresì impressionato è stata la quantità di nuovi alberghi e trattorie. Oh i forestieri non mancheranno di alloggio e di nutrimento a Torino! I vecchi alberghi si sono rimodernati e ampliati, dall'esterno e dal!' interno, si sono annessi appartamenti e palazzi vicini, hanno moltiplicato le camere e i camerini e i camerieri, nella speranza di moltiplicare i prezzi. E i nuovi sono spuntati come funghi, anzi come cinematografi. Non avrei mai creduto, prima d'ora, che con tanta rapidità si potesse improvvisare un nuovo albergo. Ce ne sono ora da per tutto, in tutte le strade, nei luoghi dove meno si aspettano. Su uno dei tanti corsi·, maestosi, silenziosi come fiumi asciutti, si scorge un bel palazzo serio, oscuro, che non desta il minimo sospetto. Quello non può essere che l'alloggio di persone morigerate, ossequienti al padrone di casa e ai portinai, di famiglie ivi nate, cresciute, sposate, defunte da chi sa quante generazioni. Per una combinazione si deve entrare, salire le scale, ed ecco che questo pacifico quadro di esis tenza patriarcale, ecco che questo nido di fedeli elettori moderati, e di pensionati, appare come una balorda illusione. Quel rispettabile palazzo è un hotel meublé, recentissimo con caloriferi che non scaldano, con _cutinaggi a disegni liberty , con porte inverniciate di fresco, con numeri sulle camere, con i campanelli elettrici nuovi che non suonano, e con i camerieri che non sanno servire. Nelle strade più cen- -trali e di passaggio invece gli alberghi nuovi hanno inalberato insegne e spalancate entrate vistosissime. Sotto i portici di piazza Castello - i classici portici - sono rimaste le piccole bottegucce di guantai e orologiai, ma oimé sono quasi scomparse le vispe e seducenti sartine. Sembrano grondaie malinconiche di tet ti da cui siano esulate le rondini. Non è cerro l'imminente Esposizione che le ha allontanate, ma desse non ci son più - son così rade che non si avvertono. In compenso si ammirano ora alcuni fastosi negozi nuovi. E sull'angolo, presso la Galleria, contro il caffè Romano, i gentlemen, gli eleganti e gli ufficiali di cavalleria hanno da qualche giorno un convegno magnifico. L'antica offelleria ove si vendevano le famose caramelle si è a sua vol ta superbamente ringiovanita, con uno sfarzo di marmi, di ornamentazioni ricchissime e con l'aggiunta di una sala da the in omaggio al nuovo costume. Ad un estremo opposto una istituzione altrettanto tipica quanto i portici e l'offelleria ha cambiato faccia: la piazza d'armi. L'immenso piazzale dove gli alberi da una estremità all'altra sembrano piccini piccini, come quelli di legno per i giocattoli dei bimbi, dove non ho mai visto un soldato manovrare se non all'assalto di qualche sperduta bambinaia, quel vasto e deserto terreno che all'inverno coperto di neve, pareva lo sterminato lenzuolo per un letto di gigante, è stato dimezzato, e per una metà occupato da circhi di piloni e gradinate, che formano il nuovo stadio. Lo sport ha cacciato il militarjsmo, la guerra da burla, la guerra sul serio. E un po' quella che avviene dovunque! Ma l'impeto creativo è stato formidabile davvero nel recinto del!' Esposizione. Io ho assistito al nasèere e al lento crescere di questa selva di edifici. Pareva che fossero sempre allo stesso grado, come i fanciulli rachitici. Erano infatti armature scheletriche bianchiccie e giallognole, senza forma decisa e che rimanevano sempre alla medesima altezza. Le avevo viste così sotto l'ardente sole dell'estate, cosl ancora nei fluenti tramonti autunnali, in cui la sera sèmbra formata da grandi ombre violacee che scendono dalle Alpi con le acque eridanee, ·1e avevo ancora trovate · così sul far dell'inverno, tra le prime nevi, in mezzo a un decoro strano di passaggio siberiano, ed ecéò che proprio _sotto la neve tutto quel fittizio mondo di legno, di gesso, di cemento, tutto quel mondo artificiale di linee e di forme, di guglie e di cupole, ha assunto, ·al pari delle germinazioni naturali, una fervente vi talità. Improvvisamente si è svegliato, ha cominciato a fremere, a fermentare, a salire, a conformarsi, a palpitare. La crisalide addormentata, si passi l'antica immagine, in pochi giorni ha preso la forma dell'essere definitivo, ed ecco che ora sulle due placide sponde del fiume pa- · terno, sulle due rive del nobile Po, dove ai primi annunci della primavera eravamo avvezzi a godere la visione di declivi verdeggianti, di colline in germoglio ad aver lo spettacolo dolce di una infinita e .delicata vegetazione verde, scorgiamo ora uno spettacolo insolito di una stupefacente vegetazione bianca, di una foresta architettonica di minareti, di torri, di pinnacoli. Qui si son compiuti dei miracoli in questi ultimi periodi. Alla secolare alberatura l'uomo ha sostituito vertiginosamente una intera città edificata dalle sue mani per darvi mostra del suo genio, del suo valore, delle sue moderne ricchezze. I lettori hanno già ammirata nello stupendo disegno di Gennaro Amato, pubblicato nei numeri addietro il grandioso Panorama dei palazzi e delle gallerie dell'Esposizione di Torino, talchè non è il caso di rifarne verbalmente la descrizione. E poi a che pro? Lodata la celebre costruzione altro non vi è da lodare. Gli edifici del!' Esposizione torinese, sono della stessa natura e della stessa struttura degli edifici di tutte le altre grandi Esposizioni. Ormai vi è una architettura convenzionale da Esposizione che può dirsi veramente cosmopolita e che non tollera alcuna deroga. Si apra una Mostra a Sidney o a Saint Louis, a Bruxelles o a Milano l'architettura non cambia, i padiglioni sembrano tutti stereotipati sull'identico modello. · Non è questa una critica, è l'osservazione di un fatto. Le Esposizioni non hanno varietà, Sel]l• bra·no tutte eguali, anzi dal di fuori sono tutte eguali. E forse lo sono anche al di dentro. Ma non anticipiamo gli avvenimenti. M. LIQUORE STREGA DITTA G. ALBE RTI - BENEVENTO Esposizione Internazionale - Milano 1906 Esposizione Universale - Bruxelles 1910 FUORI CONCORSO /Y\E/Y\BRO DELLA GIURIA

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